"IL FUTURO? È NEL LOW TECH"

IL FUTURO è nel low tech, nella bassa tecnologia. Gael Giraud, economista e gesuita francese, che lavora alla Georgetown University dove dirige il programma per la giustizia ambientale da lui fondato, pensa sia necessario rifondare l’economia mondiale in una direzione più umanistica e in dialogo con le altre discipline in cui il low tech gioca un ruolo fondamentale. "Dobbiamo smetterla di dipendere da questi dispositivi elettronici che consumano energia, che hanno bisogno di minerali, che non possono essere riciclati per la loro realizzazione e che sono usa e getta. Il low tech significa realizzazione di oggetti più semplici, sostenibili, facili da riparare, riciclabili. È qui il segreto, mentre da 50 anni a questa parte facciamo l’esatto contrario. Non è una regressione verso una civiltà preistorica come le caricature che vengono fatte" dice Giraud, tra i protagonisti più attesi del giorno d’apertura del Festivaletteratura, a Mantova, autore del saggio ‘Un’economia indisciplinata’ (Editrice Missionaria Italiana) con l’economista e scrittore senegalese Felwine Sarr.

"I commenti del presidente Emmanuel Macron sul low tech sono del tipo ‘voi volete tornare verso una civiltà del passato, verso una civiltà Amish’. In realtà si tratterebbe di avere una società più intelligente, più organizzata per poter riciclare tutto quello che utilizziamo. Un imprenditore francese ha realizzato un tipo di pannello fotovoltaico senza impiego di minerali, impiegando soltanto la biomassa. È una cosa rivoluzionaria, una svolta totale e ha conseguenze molto interessanti". Tra queste, spiega Giraud come un fiume in piena, "non subiremmo più la sovranità della Cina per il rifornimento di minerali. Dovremmo usare i micro processori soltanto dove servono negli ospedali, nell’ambito della difesa, nel settore aerospaziale. Quando diciamo low tech non significa tornare alla preistoria. Ci sono degli sviluppi nuovi che possiamo portare avanti come i semi conduttori a basso contenuto di carbonio".

I grandi Paesi europei, sottolinea l’economista francese, sono notoriamente deindustrializzati. Bisognerebbe reindustrializzare l’Italia basando questo sviluppo sull’industria low tech e verde. Questo permetterebbe di creare nuovi posti di lavoro. Se consideriamo lo sviluppo dell’agricoltura bio in tutta la zona euro si potrebbero creare 6 milioni di posti di lavoro.