DARE UN PREZZO ALL’INQUINAMENTO MA È DIFFICILE TROVARE L’ACCORDO

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FRA LE PROPOSTE di legge del pacchetto “Fit for 55“ che hanno sollevato più polemiche c’è la creazione di un Carbon Border Adjustment Mechanism, in pratica una tassa sull’import di cemento, ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti ed energia, nel caso questi prodotti non rispettino standard adeguati sulle emissioni di gas serra. L’obiettivo è di proteggere le nostre industrie da una concorrenza sleale dei produttori non europei che non siano soggetti a standard ambientali simili ai nostri. La misura punta anche a evitare la delocalizzazione di certe produzioni verso nazioni con standard ambientali meno stringenti. La Cina la vede come fumo negli occhi e gli Stati Uniti hanno iniziato da poco a confrontarsi con la questione. La Commissione Ue è ottimista sul rapporto con Washington e non vede problemi insormontabili all’orizzonte.

La carbon border tax non peserà sul commercio tra le due sponde dell’Atlantico perché oggi gli Stati Uniti sono molto ambiziosi in fatto di difesa del clima, tanto che al G20 di Venezia hanno insistito sull’ipotesi di fissare un prezzo globale del carbonio, che si potrebbe aggirare in una forbice fra i 45 e 200 dollari a tonnellata. Al momento attuale siamo lontanissimi da questo scenario, come ha evidenziato la direttrice del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva (nella foto): il prezzo medio globale della CO2 è appena di 3 dollari la tonnellata. Si tratta però di dati medi, dietro i quali c’è una realtà estremamente differenziata.

e. c.