Più inceneritori che rifiuti da bruciare. Ma la corsa ai forni è solo all’inizio

In Lombardia dodici impianti attivi. Distrutte 5,2 milioni di tonnellate all’anno al costo di 90 euro l’una Per far quadrare i conti, boom di importazioni. Ma il risiko di nuovi impianti e fusioni non si arresta

L'inceneritore di Brescia (Fotolive)

L'inceneritore di Brescia (Fotolive)

Milano - Più forni che rifiuti, i dodici inceneritori attivi della Lombardia sono altrettante bocche da sfamare: ogni anno inghiottono 5,2 milioni di tonnellate di immondizia, per produrre energia e staccare assegni pesanti ai soci che li controllano. Ma la Regione, da sola, su un totale di 5,8 milioni di tonnellate di scarti gettati ogni anno in pattumiera, riesce comunque a differenziarne la gran parte: 3,5 milioni: il resto, 1,3 milioni di tonnellate, se lo spartiscono le discariche e i camini dei grandi e piccoli termovalorizzatori. Ogni singola tonnellata produce novanta euro di incasso medio lordo. E per ammortizzare i costi e produrre utili per gli azionisti, tocca ogni anno importare spazzatura: sui 5,8 milioni di tonnellate che l’Italia intera "acquista" dal resto d’Europa, la Lombardia – nel 2016, ultimo dato disponibile – se ne accaparrava 2,4. Senza contare il costante flusso di camion in arrivo da Roma o dalla Campania, ma anche dall’Emilia.

n grande business che ormai è uscito dalle ristrette dimensioni dei consorzi dei comuni, in cerca di soluzioni per la pattumiera a "chilometro zero", ed è arrivata ormai a giocarsela con i grandi colossi di borsa. E i piani sono quelli di crescere, aumentare ovunque la capacità, e spartirsi una fetta importante di un mercato che – se gestito – assicura fiumi costanti di denaro.

Il ruolo chiave lo gioca ormai A2A, che da sola controllava già cinque impianti, due dei quali, Milano e Brescia, da soli bruciano ogni 12 mesi oltre 1,2 milioni di tonnellate di rifiuti. Con l’inizio del nuovo anno, invece, è ormai diventata operativa la fusione per incorporazione nel gigante dell’energia controllato dai due Comuni, di Lgh, altra cordata di partecipate locali della Bassa, concentrata fra Pavia, Lodi e Cremona. In dote, arrivano gli inceneritori pavesi di Parona (360mila tonnellate autorizzate, 220mila reali e un progetto di crescere fino alle soglie del mezzo milione l’anno) e di Corteolona-Genzone (230mila tonnellate e un via libera dal Consiglio di Stato per raddoppiare la capacità).

L’affare non è solo nei 90 euro alla tonnellata pagati da chi conferisce il materiale da incenerire, ma anche nell’energia. Corteolona, ad esempio, produce 230mila MegaWatt-ora di corrente, Brescia 110 GigaWattora, più calore per case e aziende. Tutti beni che vengono fatturati, e che rendono oro, specie in epoca di caro-bollette, con gas e petrolio alle stelle. A2A oramai è leader e punta a inglobare anche altre realtà locali. A Desio con Bea, come a Busto e Valmadrera, invece, sono i consorzi locali a gestire le strutture. Ma crescere significa essere ancora competitivi. Per questo Bea, che già controlla Desio (81mila tonnellate annue), punta a rilevare da Falck il forno di Trezzo, che, rinnovato, continuerà a macinare utili, dividenti e fondi per il Comune per almeno 10 anni.