"Microsoft punta 1,5 miliardi di dollari sul sistema Italia"

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Milano, 28 giugno 2021 - Un piano da 1,5 miliardi di dollari in cinque anni: è Ambizione Italia #DigitalRestart di Microsoft, con investimenti infrastrutturali iniziati prima della pandemia. Il bilancio del primo anno è più che positivo, come spiega Matteo Mille, Chief marketing and operations officer di Microsoft Italia:

"Avevamo già deciso di investire, perché l’Italia è considerata un Paese con ottime prospettive ma con la necessità di fare sistema. E il primo grosso investimento è stata la Regione Data Center, una infrastruttura che collega più data center per offrire servizi cloud. Con la pandemia, abbiamo deciso di estendere il programma Ambizione Italia lanciato nel 2018 con #DigitalRestart, che prevede diversi investimenti oltre quelli infrastrutturali".

Qual è la voce più impegnativa?

"Lo skilling, la formazione. In Italia la domanda di competenze digitali è più alta dell’offerta, ci sono poche persone rispetto alle necessità di mercato: si parla di un digital skill gap del 38,2%. Quindi fare formazione, sia dal punto di vista tecnologico che di business, era uno degli obiettivi chiave: formare 3 milioni di persone entro il 2023"

Un obiettivo sfidante: come sta andando?

"Meglio del previsto: in un anno abbiamo formato 1,3 milioni di persone. La mia impressione è che arriveremo a tre milioni prima della scadenza che ci siamo dati. Non ci fermeremo, perché per far ripartire il sistema la formazione è essenziale".

Vuole dire 1,3 milioni di persone in 12 mesi.

"Abbiamo tanti percorsi, è un ecosistema su due pilastri principali. Il primo è la Microsoft Learning Platform, centri di formazione, realtà certificate con percorsi sia tecnici, di business e di marketing, tutti orientati al digitale. E poi c’è LinkedIn, al cui interno ci sono tantissimi corsi, sia gratuiti che a pagamento, e ne abbiamo aggiunti".

Quali corsi riscontrano maggior interesse?

"Una delle richieste formative più forti è sull’Artificial Intelligence: interessa comprendere bene come la digitalizzazione avrà sempre e comunque a che fare con l’AI. Pensi all’elettricità: a inizio ’800 se ne parlava molto, poi i veri cambiamenti con un impatto elevato sull’economia si ebbero quando l’elettricità venne adottata nelle fabbriche, stravolgendo i modi di produrre. L’AI sarà la stessa cosa. Oggi si usa su tantissimi progetti per migliorare la singola necessità, quando invece sarà utilizzata in maniera pervasiva avremo un impatto epocale. Quindi la gente chiede di capire cosa vuol dire machine learning, algoritmi di AI, imporre delle regole anche di etica sul suo utilizzo in contesti come selezione del personale o di nuovi progetti".

Perché avete creato il Microsoft AI Hub?

"L’80% di aziende in Italia sta sperimentando: hanno messo in produzione progetti di machine learning, chatbot che rispondono al customer service, manutenzioni predittive per evitare rotture. Di questo 80%, la maggioranza ha deciso di aumentare gli investimenti. Però manca l’ecosistema, perché non sono tutti onniscenti, e conoscono tutte le implementazioni. Ci siamo proposti di creare un gruppo di partner con competenze su diversi aspetti dell’AI. L’Hub, permette a tutti i partner di confrontarsi, condividere esperienze, fare progetti insieme per complementare le proprie capacità. Siamo partiti con Accenture, Agic Technology, Altitudo, Bip, Capgemini, Hevolus Innovation, Reply, Toolsgroup, Var Group e altri ancora. Tutti hanno capito l’importanza di mettere insieme cervelli e competenze per avere idee innovative".

Cosa altro chiedono le aziende, oltre l’AI?

"Marketing digitale: la pandemia ha fatto capire l’importanza di tecniche specifiche per raggiungere clienti in maniera diversa. E ha permesso una accelerazione con cifre di crescita significative degli strumenti digitali, ad esempio le piattaforme di collaborazione come Teams, che in qualche mese ha avuto una penetrazione tecnologica che avevamo previsto in anni".

Dell’anno ’tutto in digitale’ cosa resterà?

"Come in tutte le cose, bisogna trovare un punto di equilibrio. In realtà, in quest’anno siamo stati in home-working forzato, il concetto di smart working avverrà col ’modello hybrid’, quando ci renderemo conto dei benefici che possiamo trarre nell’adottare soluzioni di collaborazione digitale abbinandole a una comunque necessaria interazione fisica. C’è la volontà di continuare a lavorare da remoto, come scelta. Dallo studio Work.Reworked, emerge che l’87% degli interpellati è stato più produttivo, e oltre il 50% ha registrato maggiori livelli di inclusività. Un altro aspetto importante: ci si è resi conto che ’da remoto’ significa ‘da ovunque’, non solo dalla casa di vacanze. Significa, ad esempio, che su LinkedIn le offerte di lavoro da remoto, quindi anche in un’altra città, sono quintuplicate. Ora le aziende cercano talenti ovunque, è una vera apertura per il mercato del lavoro"

Ma ci sono anche rovesci della medaglia...

"Il primo è evitare di lavorare troppo, diventare workaholic. Ad esempio, bisogna forzare le pause fra una riunione e l’altra, anche pochi minuti bastano per resettare il cervello. Per questo abbiamo implementato piattaforme di employment experience che danno ai manager il quadro generale dei modelli di lavoro adottati, e permettono di promuovere le pause, per evitare di finire in burn out"

Come si intersecano Ambizione Italia #DigitalRestart e il Pnrr?

"Con una forte convergenza. Siamo in una situazione che non era accaduta dal ’46. Se attualizziamo gli investimenti del piano Marshall, sono 80 miliardi di euro. Con Next Generation ne arriveranno 191: non possiamo buttarli via. E per non buttarli dobbiamo essere pronti, proattivi nell’identificare, come ha fatto il governo Draghi, le missioni e i progetti più importanti. Non bisogna perdere tempo, rimanere fermi sarebbe il peggior errore".

Che cosa va assolutamente cambiato?

"L’approccio mentale: noi italiani troppe volte vediamo il problema e non l’opportunità. Dobbiamo avere una mentalità più positiva, pensare ’si può fare’ e smettere di lamentarci. E poi fare squadra, collaborare, non vedere tutto solo in termini di concorrenza: c’è spazio per tutti".