"EMERGENZA DAL MARE ALLA MONTAGNA, MANCANO I LAVORATORI STAGIONALI"

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PER IL COMPARTO TURISTICO la pandemia ha avuto lo stesso effetto di una catastrofe ambientale. L’operatività delle imprese ricettive è stata ridotta al minimo se non allo zero assoluto in tempi di lockdown, gli imprenditori del settore hanno dovuto subire un contraccolpo durissimo che, in molti casi, ha coinciso con la chiusura definitiva di attività che erano state tramandate di generazione in generazione. Con la chiusura di molte strutture anche una ampia fetta di professionalità in crescita sono purtroppo andate in fumo. Lo sconquasso economico e sociale provocato dal contagio da Covid ha inficiato pesantemente anche l’assetto occupazionale del settore che, come è riscontrabile dalle statistiche del mercato del lavoro degli ultimi decenni, è tra quelli che maggiormente si avvale di posizioni di lavoro stagionali.

Nel 2020, che verrà ricordato come l’annus horribilis per il turismo, il numero degli occupati nel settore è calato vertiginosamente: le giornate retribuite sono diminuite del 38%. Non basta: 200mila posizioni di lavoro stagionale e 150mila a tempo indeterminato sono state letteralmente polverizzate. Per il settore ricettivo, l’anno trascorso si è chiuso con una perdita di 233 milioni di presenze, con una flessione media del 53,4% rispetto all’anno precedente e con punte che in alcune località hanno superato l’80%. Il costo occupazione di questa catastrofe è di un crollo del 37,3% dell’occupazione dipendente negli alberghi italiani, con punte del 45,5% per quanto riguarda i rapporti di lavoro a tempo determinato. Ora, grazie alle riaperture e all’efficienza della campagna vaccinale, si può ragionevolmente pensare che all’orizzonte si vedranno schiarite. Anzi, secondo operatori e esperti del comparto, quando prenderà forma, la ripresa vera e propria sarà lucente e rapidissima. Dunque, la ruota ricomincerà a girare e bisognerà trovarsi pronti.

Il punto, però, è che gli stessi addetti ai lavori sottolineano come il settore si trovi a dovere fare i conti con molteplici nodi da sciogliere: il primo, rilevante, ostacolo è che nel momento della tanto agognata ripresa sono proprio gli stagionali a mancare. Dal mare alla montagna, infatti, si segnala la carenza di migliaia di operatori. Un fenomeno causato da vari fattori: dalla mancanza di tutele fino a retribuzioni non sempre adeguate e inferiori ai sussidi, come lo stesso reddito di cittadinanza. Ma, dall’altra parte, vi è anche il fenomeno di ingaggi dal carico lavorativo significativamente gravoso, senza corrispondenti compensi adeguati. Soltanto a Rimini – con l’estate ormai alle porte – mancano all’appello circa 7mila addetti tra camerieri, lavoratori d’albergo e assistenti degli stabilimenti balneari. Anche in Trentino, tra ristorazione e pubblici esercizi, scarseggia il personale necessario a completare gli staff e ad accogliere i vacanzieri. È il paradosso di un’Italia a due velocità: quella che vuole correre per la ripresa e quella "frenata" dal gap tra una consistente domanda di lavoro e la mancanza di un’offerta adeguata. Ma senza i lavoratori si rischia di non far cogliere pienamente al settore turistico le notevoli opportunità della ripresa estiva.

Claudia Marin