"DIMAR INVESTE L’80% DEGLI UTILI NELLA RICERCA"

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NON STUPISCE, particolarmente ora, che uno dei comparti di maggiore impatto sulla società dell’innovazione industriale italiana sia rappresentato dal Biomedicale, in un un distretto mirandolese che, dopo la devastazione del terremoto di nove anni fa, non ha più smesso di crescere. E proprio qui, a Medolla, dal 2002 ha il suo quartiere generale la Dimar del presidente Maurizio Borsari (nella foto), leader proprio nella produzione di tecnologie terapeutiche per il trattamento delle insufficienze respiratorie, rifornendo, pure in tempi di pandemia, oltre 150 ospedali italiani.

Che effetto fa essere selezionati tra così tanti illustri colleghi?

"La soddisfazione è grande, anche perché siamo in otto su diverse migliaia di candidature ed essere stati riconosciuti come attori chiave dell’innovazione, e per noi, che siamo una società di ricerca e sviluppo che reinveste in questo campo l’80% dei propri utili, non può che fare piacere. Insomma, la prova di un obiettivo raggiunto, perché non capita ogni giorno di entrare in un circuito del genere".

E come declina Dimar una tematica tanto complessa?

"Innovare, soprattutto in campo medico, è un processo che parte da lontano, con lo sforzo organizzativo e scientifico del nostro pool di ricercatori che, poi, si traduce in una lunga catena fatta di progettazione e prototipazione dei prodotti, che nel nostro caso servono a trattare i disturbi acuti della respirazione. Poi, spesso trascurata, viene la fase della certificazione, che è come la patente per chi voglia guidare la macchina, e, solo allora, si passa all’immissione sul mercato".

Ma ciò che vi distingue e vi stimola davvero è la prima parte di questo viaggio.

"È un fatto che abbiamo più progetti già brevettati e in corso di realizzazione di quanti non ne abbiamo già presentati al mercato, tra 18 nuovi brevetti da sviluppare e altri 400 metri quadrati di spazi laboratoriali che stanno nascendo. Insomma, si può dire che, almeno per i prossimi dieci anni, fortunatamente non saremo disoccupati e che la sfida sarà solo quella di tenere il passo".

L’ecosistema del Biomedicale della provincia di Modena, del resto, è di quelli importanti.

"Parliamo di un ambiente industriale florido, che tira come ha sempre tirato e nel quale ci siamo inseriti, ormai oltre 35 anni fa, facendo quello che questo territorio sa fare meglio, ossia lavorare al servizio della comunità. Tanto più ora, quando l’esigenza nel mondo di prodotti per Ventilazione Non Invasiva, alternativa alla già esistente Ventilazione Invasiva consentita esclusivamente nei reparti di Rianimazione, è stata avvertita in modalità nuove e pressanti".

Parlando di numeri, invece, che azienda siete diventati?

"Siamo un polo da 41 dipendenti, che nel 2020 ha fatturato 24,5 milioni, il 13% dei quali ricavati dalle esportazioni oltre confine. Dimax, infatti, è presente tanto in Europa quanto in Medio Oriente, Australia e Sud America, valendoci del nostro know-how tecnico ma pure puntando forte su un’attenta strategia di customer care".

l. p.