Digitali e Green, brevetti ’puliti’ per sposare innovazione e sostenibilità

digitali e green

digitali e green

L’OCCASIONE È IMPERDIBILE. Manca solo uno scatto per accendere la miccia, per far partire un circolo virtuoso tra innovazione, sostenibilità e crescita economica. Considerato che in Italia i talenti non mancano. Alcune brillanti aziende sono delle vere e proprie locomotive. E con il Recovery Plan c’è la possibilità del clic che manca, a patto però di favorire un aumento degli investimenti pubblici e privati, ma soprattutto di incentivare le competenze digitali ancora poco diffuse. Sviluppare tecnologie ecologiche è l’unico modo realistico per raggiungere quota ‘zero emissioni’ nel 2050 ed è anche l’asse su cui crescerà il futuro dell’economia e della società. Solo una esigua parte del Recovery Plan verrà utilizzata per aumentare la quota percentuale del Pil che lo Stato dedica alla ricerca (dallo 0,5% allo 0,6%), per cui speriamo che l’incremento arrivi dal settore privato. Le prospettive ci sono.

Come riportano lo European Patent Office e l’International Energy Agency, l’Italia è il quarto produttore europeo ed il nono al mondo per numero di ’clean patent’, con un tasso di crescita che dal 2000 al 2019 è stato intorno al 7% annuo. I due istituti europei identificano alcuni campioni nazionali in grado di realizzare molti brevetti a basse emissioni di carbonio, come Fca, Eni e Leonardo.

Proprio quest’ultima definisce l’innovazione, anzi, la digitalizzazione, come fattore abilitante della sostenibilità, perché riduce i consumi e l’impatto ambientale e permette inoltre di tagliare tempi e costi di produzione. Per esempio, si possono creare delle copie digitali che possono essere testate, spostate, modificate in tempo reale. Per dirne una, alla prossima Expo di Dubai il gemello digitale del David di Michelangelo rappresenterà l’Italia mentre l’originale resterà a casa. Una operazione di rappresentanza, che però è anche il prototipo di ciò che può accadere in modo strutturale nel comparto industriale. Digitalizzazione e sostenibilità sono trasversali a tutte le iniziative contenute nel piano strategico Be Tomorrow 2030, tra cui l’installazione del ‘davinci-1’, tra i primi 100 supercomputer al mondo e uno dei primi tre nel settore Aerospazio & Difesa. Un cervellone con potenti prestazioni di calcolo a fronte di consumi ridotti, quindi sostenibile in sé. Ma anche abilitatore di sostenibilità per gli altri, dalla manifattura alla vita quotidiana, visto che gli impieghi potranno andare dalla manutenzione predittiva delle macchine allo sviluppo delle smart cities, dall’Internet of things ai big data. Le frontiere di utilizzo del ‘davinci-1’ sono ancora da definire, ma intanto Leonardo ha già chiuso un accordo con l’azienda farmaceutica Dompè per la realizzazione di una infrastruttura di sicurezza sanitaria digitale con architettura cloud. E non c’è dubbio che il circolo virtuoso tra progresso e innovazione possa scattare anche in ambito sanitario (come dimostrano i vaccini anti-Covid, realizzati in meno di un anno).

L’ingranaggio tra innovazione, sostenibilità e crescita in Italia ha bisogno di maggiori competenze.

Le piccole imprese, infatti, sono in ritardo sul processo di digitalizzazione e solo 2 imprenditori su 10 investono regolarmente per formare il personale in ambito Ict (come rivela un rapporto della Fondazione Cotec realizzato insieme alla BEI). Serve dunque uno scatto sulla formazione e più attenzione agli ITS (che garantiscono tassi di occupazione superiori all’80%), ma anche in ambito universitario (per tasso di laureati tra gli individui 25-34enni siamo penultimi in Europa), dove uno dei problemi è che il 99% del corpo docente è italiano, quindi con scarsa visione internazionale. E spesso con poca conoscenza di ciò che serve alle aziende, cioè quelle competenze trasversali, quasi un sincretismo tra studi umanistici e studi scientifici, molto utili per far viaggiare l’innovazione a braccetto con lo sviluppo sostenibile. Un primo semplice ma efficace passo potrebbe essere, per esempio, raccogliere scienziati, ingegneri e professionisti del mondo delle imprese perché possano formare gli insegnanti, spiegando loro cosa devono imparare oggi gli studenti. Ma non c’è dubbio che sia necessario investire nella formazione per colmare il gap che c’è tra domanda e offerta di lavoro. Perché dopo i “brevetti puliti” c’è bisogno di qualcuno che li sappia usare.

twitter @ecisnetto