Il gusto del miele è dolceamaro Consumi boom ma attenti alla qualità

Record di vendite nei primi nove mesi del 2020

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di Lorenzo Frassoldati

Le famiglie italiane riscoprono i consumi e le qualità del miele. Complici la maggiore attenzione alla salute in un’epoca di emergenza sanitaria e la più lunga permanenza tra le mura di casa, le vendite di questo prodotto hanno registrato nei primi 9 mesi del 2020 una crescita del 13% in volume (fonte Ismea), con le famiglie con giovani e giovanissimi in prima linea. È un’inversione di tendenza, sottolinea il report Ismea, "sia rispetto alla flessione degli acquisti dell’ultimo biennio sia al ruolo trainante fin qui esercitato degli over 50, di reddito medio alto, a cui si deve normalmente oltre il 70% degli acquisti di miele".

I prezzi a livello mondiale dal 2013 al 2019 sono aumentati del 25%, mentre quelli dello zucchero, nello stesso periodo, sono diminuiti del 30%. Fin qui le buone notizie.

Le cattive dicono che nel 2020 circa il 60% di prodotto disponibile in Italia è stato di provenienza estera, a fronte di una produzione nazionale in forte ridimensionamento. Per il 2020 le stime ISMEA-Osservatorio miele indicano un recupero del 13% sull’anno precedente con una produzione che dovrebbe portarsi a 17 mila tonnellate. Si tratta comunque di un livello molto al di sotto della capacità produttiva nazionale, che conta oltre un milione e 600 mila alveari, in aumento del 7,5% su base annua. La produzione effettiva è molto al di sotto del fabbisogno nazionale, tant’è che l’import dal 2015 in poi è sempre cresciuto fino a sfiorare le 28.000 tonnellate nel 2018 e le 25.000 nel 2019, con l’Ungheria come primo nostro fornitore seguito dalla Cina e dall’Argentina.

E a proposito di Cina, il grande paese asiatico è sotto accusa per averci invaso con un prodotto adulterato, "miele senza api", miscelato con quello naturale, a prezzi di importazione molto bassi (1,24€kg). A lanciare l’allarme le organizzazioni agricole. Il "falso" miele, difficile da rilevare con i controlli effettuati alle frontiere – dice CIA Agricoltori Italiani – "crea una concorrenza sleale che sta fortemente penalizzando l’apicoltura italiana (prezzo medio di produzione 3,99€kg), che ha registrato nel 2019 perdite per 70 milioni di euro, flagellata anche dal problema del climate change, che ha determinato un crollo della produzione (-50%)". Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti, che invita i consumatori a guardarla bene. La situazione comunque è talmente grave che il ministero ha convocato un tavolo apistico nello scorso ottobre.

"Il comparto – dice Copagri – è di fondamentale importanza per la salvaguardia della biodiversità. Le api sono ‘indicatori’ naturali di impatto dell’inquinamento ambientale e grazie al servizio di impollinazione svolto dagli insetti pronubi sono all’origine di una grandissima parte delle produzioni agricole".