La Milano che non si beve più: chiusi 567 bar

I dati preoccupanti di Confcommercio riguardo l’impatto dell’epidemia sul comparto: "Pesano i costi fissi altissimi". Timori anche per il futuro

Serrande abbassate causa Covid: colpiti bar e locali (Archivio)

Serrande abbassate causa Covid: colpiti bar e locali (Archivio)

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Qual è stato l’impatto dell’epidemia sulla "Milano da bere"? L’ultimo rapporto diffuso all’inizio di questo mese dal Centro Studi della Fipe (fFederazione italiana pubblici esercizi) di Confcommercio, consente di guardare cosa è successo nel 2020 nel comparto bar e altri esercizi simili senza cucina. Il dato dunque fotografa la dinamica imprenditoriale solo di una parte dei pub e locali serali (quelli con cucina sono classificati con un altro codice Ateco, quello dei ristoranti). A Milano e provincia si registrano, nel 2020, 567 cessazioni, fra bar e altri esercizi di somministrazione bevande, ma il dato più preoccupante è il crollo nella nascita di nuove imprese: solo 166 nuove iscrizioni (saldo di - 401 attività).

Il 2019 in provincia era stato segnato dalla perdita di 673 esercizi, mitigato però dall’apertura di 288 nuove attività (saldo -385). "Il settore, tra i più colpiti durante la pandemia dai provvedimenti, è in difficoltà. C’è stata soprattutto una riduzione delle nuove iscrizioni perché prevale cautela nell’aprire locali. Sul fronte delle cessazioni il fenomeno è più accentuato a Milano che in provincia: a fronte di ristori insufficienti, ha inciso la voce di costi fissi, in primis gli affitti molto alti. I proprietari immobiliari, soprattutto per le location in centro sempre appetibili, non sono propensi ad abbassare il canone mentre nell’hinterland sono più suscettibili a venire incontro al gestore in crisi, correndo altrimenti il rischio di tenere lo spazio vuoto a lungo" spiega Carlo Squeri, segretario di Epam Confcommercio.

"Il timore è che il quadro delle chiusure per i pubblici esercizi a fine del 2021 sia ancora più fosco" avverte Giuseppe Gissi, vicepresidente Epam, che aggiunge: "L’orizzonte della vera ripresa? Non se ne parla prima del 2023. Prima di allora credo che dovremo fare ancora i conti con mascherine, distanziamento, riduzione forte del turismo. Passerà ancora un po’ di tempo prima di riabbracciare la quotidianità perduta. Ma solo recuperando il nostro lifestyle sarà possibile progettare una ripartenza duratura".