Effetto Covid: un’impresa su due teme la chiusura

L’indagine di Confartigianato Lombardia tra le aziende. Il presidente Massetti: "Situazione seria, più dei dati statistici ufficiali"

settore metalmeccanico

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Milano, 24 febbraio 2021 - «La metà delle imprese naviga a vista". Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Lombardia, sfoglia i risultati raccolti dall’Osservatorio MPI dell’associazione che rappresenta micro-piccole imprese e imprese artigiane. Nel 2020, l’anno del Covid-19, le aziende hanno perso un quarto del fatturato (-25%). Ma a preoccupare è soprattutto presente e futuro a medio termine, dicono gli imprenditori: "Uno su due – spiega Massetti – teme seri rischi di sostenibilità per la propria attività nei mesi a venire. La situazione è molto seria, a nostro avviso anche più di quanto leggiamo dai dati statistici ufficiali". Tradotto in cifre, il 49,3% delle attività lombarde, secondo l’Osservatorio, rischia di chiudere. "Ma la notizia positiva – sottolinea il presidente di Confartigianato Lombardia – è che le micro-piccole imprese lombarde non vogliono arrendersi: dal nostro sondaggio risulta come l’atteggiamento prevalente sia quello reattivo; 8 imprenditori su 10 stanno infatti mettendo in campo azioni e strategie per cambiare e adattarsi alle nuove condizioni, così come è notevolmente aumentato il tasso di digitalizzazione, con un incremento di oltre 10 punti delle imprese che utilizzano almeno uno strumento digitale rispetto al periodo pre-pandemia".

I primi sei mesi dell’anno saranno i peggiori, secondo gli imprenditori. Che in media si attendono ancora perdite di fatturato intorno al 15,7%. Milano (-20,6%), Brescia (-17,9%), Mantova (-17,6%) e Cremona (-17%) sono le province che si aspettano il semestre più difficile. Sondrio (-12,7%) e Como (-12,8%) i territori dove la contrazione dovrebbe essere meno consistente. 

In Lombardia aumenta l’incertezza e si allungano i tempi di recupero del fatturato pre-Covid: il 49,2% è incerta sul futuro del mercato e non sa prevedere i tempi. Il 50,8% ha spostato alla metà del 2022 il ritorno al giro d’affari che aveva prima della pandemia: una media di 13 mesi a partire da adesso. Quasi la metà delle imprese (49,3%) teme per la propria attività. Un dato che in provincia di Brescia arriva al 60,2%. Sopra la media regionale si trovano anche Milano (57,9%), Mantova (55%), Pavia (54,2%) e Lodi (51,4%). Il 79,6% prova a non arrendersi dichiarandosi pronta al cambiamento: ampliare il numero di committenti (61,5%), attivare nuovi canali di vendita (46,5%), produrre nuovi beni offrendo nuovi servizi non connessi all’emergenza (41,0%), entrare in nuovi mercati (36,1%), diversificare la produzione (32,8%), accelerare la transizione digitale (28,8%) e attivare nuove relazioni d’imprese (26,1%).

Eppure, fatica a decollare la sensibilità verso il 4.0: solo il 16,4% dichiara di essere intenzionato a utilizzare le risorse previste dal Piano Transizione 4.0. Una percentuale ancora bassa anche se la quota di micro e piccole imprese lombarde che utilizza almeno uno strumento digitale è cresciuta di 10,6 punti in seguito all’emergenza sanitaria.