L’energia costa troppo, ditte costrette a fermarsi

Il manager: "Bolletta quintuplicata, è più conveniente congelare la produzione". Appelli a Governo e Regione per interventi immediati

Stanno soffrendo le imprese che per produrre richiedono alti consumi di energia

Stanno soffrendo le imprese che per produrre richiedono alti consumi di energia

Milano, 24 dicembre 2021 - Bollette alle stelle, prezzi dell’energia in crescita esponenziale e aziende “energivore“ arrivate a un punto di non ritorno. È più conveniente stare fermi e spegnere le macchine piuttosto che continuare a produrre. È il caso della Btt Trattamenti Termici, che si prepara a congelare le attività da gennaio chiudendo lo stabilimento di Brescia per il primo trimestre del nuovo anno, ma anche di altre ditte lombarde in affanno per il caro-energia. Ditte che hanno già visto esplodere i costi e si trovano di fronte a previsioni a tinte fosche per il 2022. "A settembre la nostra bolletta del gas era di 183mila euro", fa i conti l’ingegner Sandro Savoldi, manager della Btt. "A ottobre è salita a 873mila euro, cinque volte tanto, e secondo le previsioni a gennaio potremmo arrivare a 1,3 milioni di euro solo per il gas, senza contare l’energia elettrica. Considerando che la Btt fattura 1,9 milioni di euro, la scelta di chiudere è obbligata dalle circostanze".

Per i 130 dipendenti (in questi giorni sono in corso incontri con i sindacati per gestire la situazione) potrebbe aprirsi la strada dello smaltimento ferie e poi della cassa integrazione. I primi a pagare il prezzo potrebbero essere i lavoratori interinali, in un nuovo anno che si aprirà nel segno dell’incertezza. "Iniziamo a fermarci a gennaio – prosegue Savoldi – e riapriremo quando ci saranno le condizioni per rendere sostenibile economicamente la nostra attività. Chiediamo al Governo e anche alla Regione un intervento immediato perché, in questo modo, le aziende con produzioni ad alto consumo energetico non possono andare avanti. Noi abbiamo già aumentato il prezzo finale per i nostri clienti del 10-12%, ma di più non possiamo fare". Riescono a resistere, finora, ditte che hanno stipulato contratti di fornitura energetica con un canone invariabile che però, alla scadenza, verranno rinegoziati al rialzo. Soffrono acciaierie e vetrerie, gli imprenditori dell’agroalimentare e della ceramica hanno lanciato più volte un grido d’allarme.

Ma il problema, in misura più o meno grave, riguarda tutti i tipi di produzioni. Rincari del 231% nei costi del gas e del 166% nell’energia elettrica sono rilevati da uno studio del Centro Studi di Confindustria Brescia su un campione significativo di 113 aziende associate con 10.500 addetti. Una spirale che porta a un’impennata dei prezzi lungo la catena, e infine ai rincari per i consumatori finali che spengono la ripresa ed erodono i risparmi di famiglie già messe alla prova dalla pandemia. Famiglie che, a loro volta, vedono gravare sulle loro spalle il caro-energia. Senza considerare gli effetti benefici che verranno in futuro dagli interventi salvabollette del Governo, se si allineano tutte le cifre dal primo gennaio il gas potrebbe costare 1,55 euro al metro cubo, +61%. La luce potrebbe costare 43,8 centesimi al chilowattora, +48%, secondo le stime di Nomisma Energia. La corrente elettrica all’ingrosso alla borsa elettrica italiana è da settimane sopra i 300 euro per mille chilowattora. Con l’escalation di prezzi al dettaglio e dei carburanti e il forte rialzo delle bollette energetiche scattato ad ottobre, secondo una stima dell’Adiconsum Lombardia un nucleo familiare di tre componenti registra complessivamente un aggravio di spesa di 1.300 euro annui.

Considerando solo i consumi registrati nei primi dieci mesi dell’anno, per la bolletta elettrica gli aumenti previsti generano un aggravio di 410 euro a famiglia. Gli aumenti tariffari sul consumo di gas a famiglia determinano un incremento del costo per almeno 370 euro. Anche il prezzo dei carburanti lievita a dismisura con rincari di circa 305 euro. Stime che non considerano l’incremento sui generi alimentari, costi sull’abitazione, servizi e spese sanitarie, che con l’impennata dell’inflazione porta ad almeno 200 euro gli aumenti a carico di una famiglia media di tre persone. "I lombardi – spiega Carlo Piarulli, presidente di Adiconsum Lombardia – reagiscono tagliando la spesa".