Assegno unico 2023, ecco chi dovrà (ri)presentare la domanda all'Inps e chi no

L'Istituto nazionale di previdenza sociale ha comunicato le procedure per il rinnovo delle richieste

Nel 2022 il governo Draghi ha introdotto l'Assegno Unico Universale. Un provvedimento che ha sostituito gli "assegni familiari" estendendo questo genere di trattamento a tutti i lavoratori e non solo ai dipendenti. E ora? Nel 2023 occorrerà ripresentare la domanda? Chi lo deve fare? Vediamo di mettere un po' di ordine.

Assegno unico e universale per i figli
Assegno unico e universale per i figli

La circolare Inps

L'Inps ha diramato ieri una comunicazione per spiegare come ci si dovrà comportare per ricevere l'Assegno Unico Universale nel 2023

Chi non deve ripresentare domanda

"Dal 1° marzo del 2023 -spiega la circolare Inps -, coloro che nel corso del periodo gennaio 2022 – febbraio 2023 abbiano presentato una domanda di Assegno Unico e Universale (AUU) per i figli a carico, accolta e in corso di validità, beneficeranno dell'erogazione d'ufficio della prestazione da parte dell’INPS, senza l’onere di presentare una nuova domanda". Tradotto: chi ha già presentato la domanda nel 2022 (fino ancora al febbraio 2023) se non sono intercorse variazioni (reddituali, numero di figli etc) non dovrà presentare una nuova domanda o apportare variazioni.

Chi deve presentare la domanda

"Potranno - prosegue l'Inps, invece, presentare domanda coloro che non hanno mai fruito dell’Assegno Unico e quanti avevano prima del 28 febbraio 2023 trasmesso una istanza che non è stata accolta o non è più attiva".

Semplificazione

"Una misura di semplificazione per l'utenza, realizzata anche grazie ai fondi garantiti dal PNRR, che punta a valorizzare le banche dati dell'Istituto per rendere alla cittadinanza un servizio innovativo: i dati dell’istanza, infatti, saranno automaticamente prelevati dagli archivi dell’Istituto, che procederà a liquidare la prestazione in continuità". Il "rischio" era infatti che ogni anno, tutti, dovessero ripresentare domanda ex novo.

Le variazioni

"Eventuali variazioni delle informazioni precedentemente inserite nella domanda di assegno unico trasmessa a Inps prima del 28 febbraio 2023 (a titolo d’esempio: nascita di figli, variazione/inserimento della condizione di disabilità, separazione, variazioni iban, maggiore età dei figli …) dovranno essere comunicate dai richiedenti, integrando tempestivamente la domanda già trasmessa", aggiunge la comunicazione dell'Inps. Quindi chi deve effettuare variazioni lo potrà fare senza inoltrare nuova domanda ma modificando i dati già inseriti.

Come fare domanda

Le domande per l'assegno unico possono essere inviate tramite:

  • Portale web dell'Inps, previo accreditamento con SPID, CIE, CNS;
  • Contact Center Integrato dell'Inps
  • Caf e patronati
  • App mobile INPS

Quando arriva l'assegno Unico

"Per quanto attiene la decorrenza della prestazione, si ricorda che – per le domande presentate entro il 30 giugno del 2023 – l’Assegno è riconosciuto a decorrere dal mese di marzo del medesimo anno".

Isee e Dsu

Per la quantificazione dell’Assegno permane, per tutti i beneficiari, l’onere di procedere alla presentazione della nuova DSU (dichiarazione sostitutiva unica) per l’anno 2023" In assenza di una nuova DSU, correttamente attestata, l’importo dell’Assegno unico e universale sarà calcolato a partire dal mese di marzo 2023 con riferimento agli importi minimi previsti dalla normativa". In sostanza chi non ha inserito nella domanda l'Isee e la Dsu continuerà a ricevere l'importo minimo previsto per tutti. Chi invece l'ha inserita dovrà mettere quella del 2023 (se non lo farà riceverà l'importo minimo).

I beneficiari

Il contributo, assegno mensile o tradotto in credito d'imposta, va a tutte le famiglie che hanno un figlio o più figli a carico da 0 a 21 anni. In caso di maggiore età, l'assegno potrà essere destinato direttamente al figlio. La novità è rappresentata dal fatto che nel perimetro dei beneficiari non rientrano soltanto genitori con contratto da lavoro dipendente ma anche partite Iva, lavoratori autonomi e incapienti. In caso di cittadini extra Ue, è necessario il permesso di soggiorno, versare l’Irpef in Italia; vivere con i figli a carico nel nostro Paese; essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o di durata almeno biennale.

Gli importi - Il simulatore

Si va da un minimo di 50 euro per figlio (anche senza Isee) fino a un massimo di 250 (con maggiorazioni in caso di disabilità) per chi ha reddito zero. L'accesso al simulatore non richiede autenticazione dell'utente e i dati inseriti sono anonimi. Il calcolo fornito è puramente indicativo, l'importo effettivo dell'assegno sarà calcolato solo a seguito della istruttoria della domanda avanzata dall'utente.

Vai al simulatore

L'assegno unico sarà parametrato all'Isee che per l'80% delle famiglie italiane è sotto i 30mila euro. In base a questo calcolo 8 famiglie su 10 riceveranno 161 euro al mese per ogni figlio minore e 97 per ogni figlio under 21. Secondo questa simulazione, in caso di Isee superiore ai 52mila euro, il contributo scende a 67 euro mensili per i figli minori e a 40 euro per i figli maggiorenni ma di età inferiore ai 21 anni.

Assegno unico, le ipotesi
Assegno unico, le ipotesi

L'aumento per le famiglie numerose

Dal 2023 è previsto il raddoppio da 100 a 200 euro della maggiorazione forfettaria dell'assegno unico universale per i nuclei familiari con quattro o più figli e 100 euro in più per i nuclei familiari con figli gemelli, fino al compimento del terzo anno di età.

A chi spetta

L’assegno approvato dal Senato nella serata del 30 marzo è riconosciuto a tutti i lavoratori cittadini italiani, titolari di un reddito da lavoro dipendente a tempo indeterminato o determinato, autonomi, o con partita Iva. L’assegno spetta anche ai genitori single con figli fiscalmente a carico. Per i cittadini UE o Extra UE è necessario: avere il permesso di soggiorno (per soggiornanti di lungo periodo o per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale); versare l’Irpef in Italia; vivere con i figli a carico in Italia; essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o almeno biennale.