ARTICOLO 18 E CORTE COSTITUZIONALE: C’È QUALCOSA CHE NON TORNA

di Francesco

Rotondi *

LA RECENTE ordinanza della Corte Costituzionale (nr. 592021) che è intervenuta sulla riforma Fornero e nello specifico sull’articolo 18 si fonda sul tema della discrezionalità del giudice. Questa sentenza offre numerosi spunti di riflessione che partendo dall’ennesimo blocco al cambiamento ci permette di valutare la cultura del nostro Paese, ammesso che il giudice della legge sia un grado di rappresentarla. La Corte contesta la legittimità di un sistema sanzionatorio nella parte in cui lascia al giudice la discrezionalità di valutare le sanzioni da infliggere al datore di lavoro: quel famoso "il giudice può", anziché "il giudice deve". L’intero percorso argomentativo è curioso ed allarmante: l’idea che la discrezionalità del giudice sia un problema di legittimità costituzionale nel nostro ordinamento è un problema enorme se a sollevarlo è il giudice delle leggi che fonda il proprio sistema proprio sulla discrezionalità, sulla non vincolatività del precedente.

In un sistema di principi generali, di norme ‘in bianco’ – pensate al concetto di giusta causa – di valutazioni che sono lasciate anche al giudice penale, come è possibile sostenere acriticamente il ragionamento e la posizione della Corte? Quante volte ci siamo trovati di fronte al medesimo fatto valutato discrezionalmente dal giudice in modo diverso con conseguenze sanzionatorie diverse? Non sarò certo io a difendere un tale sistema, ma ancora una volta devo prendere atto di un utilizzo improprio di un sistema che dovrebbe essere a difesa e non teso a determinate vittorie o sconfitte di un pensiero sociale, politico, economico. E questo vale per tutto, senza sconti. Un sistema incoerente farà sempre fatica a migliorarsi ed evolvere verso un cambiamento culturale oramai imprescindibile.

* Giuslavorista

e Founder LabLaw