L'ultimo set di Gianni

Italo Calvino lo definì “uno scrittore imprestato allo sport”. E in effetti il suo libro (“500 anni di tennis”), bibbia del settore, è stato tradotto ovunque. Gianni Clerici se ne è andato ieri a 91 anni, ben più longevo di Giampiero Galeazzi o Beppe Viola, altre voci dell'agonismo in tv cui eravamo affezionati. Ci mancheranno le emozioni che sapeva trasmettere in copia con Rino Tommasi, ma anche lo stile d’altri tempi, che ha molto da insegnare. Come Gianni Brera, aveva coniato espressioni come “erba battuta”, con cui sottolineava il rallentamento del green di Wimbledon. Indimenticabile il termine “semiriga” per indicare l’impossibilità di stabilire con certezza se la pallina fosse dentro o fuori, o il “doppio errore”, null’altro che il “doppio fallo”, forse rinominato per tenere fuori dal campo e dalle battute l’organo genitale maschile. Non a caso, Rino Tommasi lo aveva ribattezzato “Dottor Divago”, per la tecnica narrativa che andava oltre il match. Ci mancherà, come gli anni andati. Ma mancherà soprattutto il suo stile.