Cocciante racconta la lunga avventura di Notre Dame

Questa sera al PalaLottomatica di Roma va in scena il musical cult. In attesa di tornare a Milano

Riccardo Cocciante, autore della musica dell’opera nota in tutto il mondo (Ansa)

Riccardo Cocciante, autore della musica dell’opera nota in tutto il mondo (Ansa)

28 dicembre 2016, Milano - «Da anni il pubblico italiano non fa che chiederci il bis… e noi siamo felicissimi di accontentarlo» Lo assicura Riccardo Cocciante parlando del riallestimento di “Notre Dame de Paris” che da stasera riporta Esmeralda, Frollo e Quasimodo al PalaLottomatica di Roma nell’attesa di presentarsi dal 2 marzo al popolo del LinearCiak di Piazzale Cuoco. Merito delle musiche scritte dallo stesso Cocciante, delle liriche di Pasquale Panella, della produzione di David Zard, ma anche di un cast (Lola Ponce, Giò di Tonno, Vittorio Matteucci, Matteo Setti, Graziano Galatone, solo per citare i protagonisti della prima edizione in scena ancor oggi) entrati agli occhi del pubblico in un rapporto indissolubile con il personaggio che il dramma di Victor Hugo gli ha cucito addosso in tutti questi anni. Con le repliche del 2016, infatti, la versione italiana di “Notre Dame de Paris” ha superato i tre milioni e mezzo di spettatori con un migliaio di rappresentazioni in quarantadue città sparse da un capo all’altro della penisola.

Cocciante, la forza sta nell’intreccio tra racconto, canzoni e messa in scena. Prova ne siano le vicende umane ed artistiche delle tante star messe in luce da “Notre Dame” finite in secondo piano una volta uscite dalla sua aura magica. Talenti come il franco canadese Garou, Hélène Ségara, Patrick Fiori, Dannii Minogue (sorella minore di Kylie), Svetlana Svetikova.

«L’artista è un sognatore, ma deve avere attorno persone che sappiano realizzare i suoi sogni. Occorre un manager che lo sappia capire e lo spinga a fare qualcosa di aderente alla sua personalità. Garu, il mio primo Quasimodo, era un cantante con il blues nel sangue e invece, all’apice della popolarità, gli fecero incidere un album pop. Non è più tornato a quei livelli».

C’è un’esperienza di questi diciotto anni che non rifarebbe?

«Rinnego la versione rimaneggiata andata in scena al Paris Hotel di Las Vegas. “Notre Dame” è un’opera universale che può essere rappresentata ovunque, ma nella sua forma integrale. Proprio per questo ora vogliamo tornare in Spagna e da lì tentare il grande balzo verso il Sudamerica».

Niente Inghilterra, invece.

«Notre Dame è un’opera geneticamente diversa da quelle in cartellone nel West End e a Broadway. Anche se a Londra nel 2000 ha retto un anno e mezzo, è sbagliato ostinarsi ad andare al cuore di una cosa che non ti appartiene. Nei luoghi del musical, infatti, vigono regole e standard che non sono i nostri».

Che impressione le fa oggi quest’opera?

«Credo che con “Notre Dame’“abbiamo aperto strade nuove. Riascoltandola, rivedendola, a distanza di anni, sembra nata ieri, non è invecchiata. Spero tanto che possa sopravvivermi».