Lazza: "Il rap cerca espressioni nuove, Milano ti insegna come si gioca"

La voglia di nuova identità del genere che da anni colonizza palchi e classifiche

Laza

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Milano, 19 gennaio 2021 -  L’Italia fatica a costruirsi un’identità tutta sua nel rap, ma ci prova. Sempre con l’occhio puntato su quel che si muove oltralpe e oltre oceano. Soprattutto nel mondo tutto bigliettoni, collane d’oro, scollacciate e supercar della trap. A raccontare linguaggio, visioni, costumi (e consumi) di un fenomeno culturale che da sette anni colonizza palchi e classifiche pure nel nostro paese ci pensa “Trap game: i sei comandamenti del nuovo hip-hop”, prezioso volume dal giornalista Andrea Bertolucci con gli interventi di Lazza, Vegas Jones, Ketama126, Beba, Ernia e Maruego, oltre che le prefazioni del mega produttore TM88 e di Emis Killa. "Il rap nasce nelle strade, mentre la trap tra le quattro pareti delle trap-house", ammette Lazza. "Anche se io ho una distinzione tutta mia: se sai scrivere sei rap e se no sei trap, ovvero fai musica che si lascia a ascoltare di cui, però, alla fine rimane poco o niente".

L’opulenta narrazione tutta Lamborghini, Rolex, pellicce, gioielli, ha ancora una sua funzione? "Sta diventando ridondante. I concetti-base del rap rimangono sempre quelli, ma io ed altri ora proviamo ad esprimerli in maniera nuova".

I testi sono zeppi di marchi e di griffe, una ricerca di Macy’s ha stilato la classifica dei più citati e fra i primi 10 ben 6 sono italiani (4 milanesi). "Giusto qualche giorno fa un top producer americano mi ha confermato che, per quanto riguarda cibo e vestiario, nel mondo del rap l’Italia rimane il top. Ma questo non agevola le cose e pensare di esportare il nostro rap è un po’ come tentare di volare su Marte".

Perché? "Forse per il colore della pelle o per il fatto di confrontarci con un genere che hanno inventato loro. Esiste una specie di razzismo al contrario. Una celebrità come Young Thug, ad esempio, ha detto che rispetta solo i rapper americani perché quelli europei non hanno mai sparato. Mah".

Milano è il cuore del rap italiano. "È la città che ti insegna come si gioca a questo gioco e prima o poi tutti si trasferiscono qua".

Quali sono le realtà emergenti che trova più eccitanti? "Sacky, Neima e Baby Gang sono ragazzini di San Siro che stanno andando forte. Nel collettivo c’è pure quel Rondodasosa di cui mi considero un po’ il mentore, perché il suo primo oro me lo sono girato io la scorsa estate con ‘Slime’, quando tutti m’infamavano dicendo che non avrebbe combinato niente".