Paolo Rossi allo Zelig per quattro serate: "Torno al cabaret perché è più teatrale"

L'artista ripassa dal palcoscenico di viale Monza dove esordì negli anni '90: "Qui ritrovo il senso originale, lo spazio alle relazioni sociali"

Paolo Rossi torna al vecchio amore, quello Zelig di viale Monza dove 30 anni fa esordì

Paolo Rossi torna al vecchio amore, quello Zelig di viale Monza dove 30 anni fa esordì

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Milano - ​È un po’ come tornare a casa. Mettersi comodi sulla propria poltrona. E da lì chiacchierare (ancora una volta) con il pubblico. Per ridere insieme della vita, del mondo e delle papere dei portieri. Quattro serate speciali con Paolo Rossi allo Zelig di viale Monza. Sembra di essere negli Anni 90. Titolo: "Per un futuro immenso repertorio", da domani a domenica con le musiche di Emanuele Dell’Aquila e Alex Orciari.

Paolo, perché tornare al cabaret?

"Non ho nostalgia. È solo che da tempo ho notato che il pubblico dei locali, delle vecchie case del popolo, dei festival è più teatrale degli spettatori del teatro. E per uno come me che recita con il pubblico questo funziona tantissimo".

Cosa intende?

"Sono luoghi in cui ho il polso della realtà. E dove ritrovo anche il senso originale del teatro come spazio delle relazioni sociali. Un luogo per lo spettacolo dal vivo, certamente. Ma in cui dovrebbe essere ancora fondamentale il desiderio di incontrare le altre persone. Spesso passano a salutarmi delle coppie con i loro figli, per raccontarmi come si siano messi insieme dopo avermi visto in un circolo o in una birreria. Non credo sia mai successo dopo una replica al Piccolo o al Carcano. E poi c’è da dire che lo Zelig è il palcoscenico ideale per tornare a Milano. Qui avevamo esordito con i Comedians".

Trent’anni fa...

"Ecco, meglio non pensarci. Anche se ci siamo divertiti, sarà per quello che il tempo è volato via". Sul palco racconta dei suoi maestri milanesi?

"Sono più una punteggiatura, una sorta di supporto. Qualcosa che ogni tanto torna, insieme alla consapevolezza di aver avuto la fortuna di condividere con loro dei contenuti e di aver però poi trovato un mio stile".

A chi era più legato?

"Enzo Jannacci è stato con me in tante avventure".

Qual è oggi il ruolo del comico? "È un nobilissimo genere di conforto. Negli anni d’oro si è pensato di poter dettare una linea di condotta, che a posteriori credo sia stato un errore. Basta guardare i danni che stanno facendo i comici nella politica, gente per natura abituata a distruggere, non certo a trattare o costruire. Meglio quindi un sano intrattenimento. Sono molto più interessato alla natura umana che al governo".

Cosa la fa ridere?

"Io rido di tutto. Sono fatto con un senso inverso. Rido perfino dell’errore di Radu con l’Inter. Gli altri tifosi piangevano e io ridevo, quel piedino storto era una grande gag".

Ma è vero che ha lasciato Milano?

"Faccio il pendolare da Trieste. Sono senza fissa dimora. Mi avvicino piano piano alla profezia di mia madre, quando mi disse che a fare l’attore sarei finito sotto un ponte. Ma rido anche di quello".