Diocesano di Milano, per tre mesi l’Adorazione dei pastori del Perugino

L’“Adorazione dei pastori” è considerato davvero il capolavoro indiscusso della maturità del Perugino

“L’Adorazione dei pastori” dipinta nel 1502 dal Perugino

“L’Adorazione dei pastori” dipinta nel 1502 dal Perugino

Milano, 30 agosto 2017 - L'anno scorso ad adorare il Bambino al Museo Diocesano si raccolsero i Magi, al centro lo stesso autore dello splendido dipinto, Albrecht Dürer, che nel 1504 si raffigurò addirittura nella figura del Re, con tanto di barba e lunghi capelli, non solo, adorno di abiti sontuosamente decorati. Quest’anno, per le cure di Nadia Righi e Marco Pierini, tocca ai pastori, in apparenza più modestamente, schierarsi attorno al piccolo Gesú. In apparenza, appunto: la grande tavola che dal 20 ottobre al 28 gennaio 2018 costituirà il “capolavoro per Milano 2017” - uno dei due: l’altro, ancora top secret, splenderà come sempre a Palazzo Marino - porta la firma di Pietro Vannucci, universalmente noto come il Perugino. “Il meglio maestro d’Italia” lo definì nel 1500 Agostino Chigi, cui avrebbe fatto eco l’onnipresente Vasari: quella pittura “tanto piacque al suo tempo che vennero molti di Francia, di Spagna, d’Alemania e d’altre province per impararla”.

L’“Adorazione dei pastori” è considerato davvero il capolavoro indiscusso della maturità del Perugino, per l’anagrafe nato a Città della Pieve attorno al 1448 e morto a Fontignano nel 1523, due località entrambe perugine. E verrà prestato proprio da Perugia, dalla Galleria Nazionale dell’Umbria. È un capolavoro che, già di suo di grandi dimensioni, fa parte di un polittico originalmente gigantesco: una pala d’altare grandiosa, a piú scomparti e su piú registri, progettata per essere alta piú di otto metri e formata da oltre trenta tavole. Non solo: era pensata per essere vista, nella chiesa di Sant’Agostino, sia dalla navata che dal retro, dal coro dei frati agostiniani. E ancora: doveva essere adornata di una cornice lignea molto elaborata, commissionata a Mattia di Tommaso da Reggio. Purtroppo, fra i danni figli della Controriforma non mancarono quelli di ordine estetico.

La grande struttura, opera che dopo vent’anni non era ancora giunta a conclusione, venne smontata, divisa in due parti e collocata sopra il coro. Fu l’inizio della dispersione delle tavole, anche della perdita di alcune, due “Profeti” e la “Vergine annunciata”. A dare ancora piú corpo al disastro provvidero, anche a Perugia, nel 1797 le truppe napoleoniche: oggi il tondo con “San Martino di Tours” è patrimonio del Louvre, i “Santi Filippo e Agostino” si trovano a Tolosa, i “Santi Ercolano e Giacomo Maggiore” a Lione” e i “Santi Irene e Sebastiano” a Grenoble. Altri percorsi hanno portato il “San Bartolomeo” addirittura Oltreoceano, in Alabama, a Birmingham.

Una composizione di raffinato quanto essenziale equilibrio l’“Adorazione dei pastori”. In primo piano il Bambino, appoggiato a terra, protetto solo da un lembo del manto della Vergine. Ai lati Giuseppe e la Madonna. Al centro, fra due angeli, in alto la colomba dello Spirito Santo, sotto due pastori inchinati in adorazione. A sinistra, l’annuncio degli angeli ai pastori. A destra, il bue e l’asinello. A incorniciare la scena una schematica capanna. Un dipinto esemplare della “maniera moderna” di dipingere: il maestro, il Perugino, influenzato dall’allievo. Certo, era Raffaello.