Dal Bottunuto a via Osoppo: ecco la mostra 'Milano e la mala'/ FOTO e VIDEO

Oltre 150 fotografie, documenti e “strumenti del mestiere” a Palzzo Morando

A MOLLO Francis Turatello si rinfresca in una vasca

A MOLLO Francis Turatello si rinfresca in una vasca

Milano, 9 novembre 2017 - Tatata tatata”: cosí sono soliti cantare i mitra nei fumetti. E cosí cantava uno dei “sette uomini d’oro” mentre minaccioso imbracciava un’arma. Era la fredda mattina del 27 febbraio 1958, “giorno di san paganino”, all’angolo dell’anonima via Caccialepori, quando, senza sparare un colpo, solo speronando arditamente un’auto portavalori, i malviventi di due bande messisi insieme per l’occasione portavano a termine quella che, tanto per cambiare, verrà subito definita la “rapina del secolo”. Non meno di 614 milioni di lire, il bottino: il culmine della malavita vecchio stampo, di quella “ligera” che popolava intere vie del centro storico di Milano e le cui imprese avevano per decenni trovato eco nelle canzoni popolari.

Il prima e il dopo di quel famoso assalto sono ora ricostruiti in una mostra intrigante quanto singolare: “Milano e la mala”, ovvero “Storia criminale della città, dalla rapina di via Osoppo a Vallanzasca”. Oltre 150 fotografie, documenti e “strumenti del mestiere”: da entrambi i lati delle barricate, di qua la custodia del mitra di Luciano Lutring “il solista” o i dadi usati nelle bische , di là le armi usate dalla polizia e persino una Giulia super 1600 immortalata anche nelle locandine originali donate dal Museo del Manifesto Cinematografico alla Questura di Fatebenefratelli. Set della mostra, sino all’11 febbraio 2018, Palazzo Morando, il Museo di Costume-Moda-Immagine.

Inatteso anche il “testimonial” dell’esposizione, il questore Marcello Cardona, grato all’amico e collega Massimo Mazza per esserne stato l’ispiratore. Una mostra che si presta a diverse letture. Una cronachistica, un’altra quanto meno storica. L’immagine del finto “incidente” di via Osoppo fa pensare per esempio alle analisi di Pasolini: e sí, tutti quei curiosi in cappotto sono la testimonianza lampante di come noi italiani siamo antropologicamente cambiati. La stessa rapina segna lo spartiacque nella storia del lato oscuro della metropoli. Come bene riassume il curatore Stefano Galli nel catalogo tutto da leggere: se il lungo dopoguerra ha visto le imprese casalinghe dei ladruncoli del Bottonuto, a metà degli anni Sessanta lo scenario si incupisce drammaticamente. Sono reali le raffiche di mitra dei rapinatori della gioielleria Colombo in Montenapoleone. Reali e sanguinose quelle sparate dalla banda Cavallero: quattro morti.