'Tutto il mondo è paese', Maruego: "La mia musica contro il razzismo"

Il rapper italo-marocchino ha composto è interpetato la colonna sonora della webserie 'Rajel', progetto per aiutare i giovani di nuova generazione a integrarsi

Maruego

Maruego.

Milano, 16 luglio 2020 - "Il razzismo? Fa parte di ogni individuo. Ad esempio, io non tollero l'ignoranza, perché solo le persone ignoranti concepiscono ancora la diversità come un limite, come un male per la società, quando invece in essa si cela la bellezza e il fascino della conoscenza di qualcosa di nuovo". E' così che Maruego o MaRue, nome d'arte di Oussama Laanbi, rapper italo-marocchino classe '92, parla della discriminazione razziale, un fenomeno che, ogni giorno e nonostante l'impegno di molti, continua a farsi sentire anche in Italia. Tema che si affronta in 'Rajel', neonata webserie che rientra nel progetto 'Oltre – Oltre l'orizzonte – Contro narrazioni dai margini al centro' sostenuto dalla Commissione Europea per aiutare i giovani di nuova generazione a integrarsi e a non dover subire esclusione e discriminazione. Giovani come Maruego, nato a Berrechid (Marocco) e trasferitosi a Milano da piccolo, dove ha dovuto affrontare numerose difficoltà. E, anche per questo, ha deciso di comporre e interpretare 'Tutto il mondo è paese', colonna sonora della serie, online su YouTube.

MaRue, soddisfatto di aver dato un contributo a 'Rajel'?

"Assolutamente, è un'iniziativa importante e trovo sempre molto bello trasmettere messaggi positivi".

Che acquistano ancora più significato se rivolti ai giovani

"Bisogna puntare sulle nuove generazioni, ma facendo sempre attenzione a quello che si dice, alla comunicazione. Ognuno di noi dovrebbe essere più responsabile. Un bambino non nasce razzista. E se i suoi genitori non gli hanno messo in testa idee razziste, non c'è ragione perché lo diventi".

Maruego
Maruego

"Decisamente, sono stato uno dei primi a sbatterci la faccia e a vivere certe situazioni sulla mia pelle. A scuola venivo spesso emarginato. Non le dico le battute sul mio nome dopo l'11 settembre. Ma ero anche il vu' cumpra o quello che vendeva accendini".

Come si fa a reagire?

"Bisogna provare ad accettare le critiche ed imparare a prendersi in giro da soli. Insomma, la scelta sta a noi: soccombere all'ignoranza o iniziare finalmente a rendere la diversità la nostra maggiore ricchezza a livello personale".

Ma crede che sia possibile l'integrazione?

"Siamo ancora all'inizio. In Francia, ad esempio, questo discorso è stato affrontato prima. In Italia è un problema che si è presentato negli ultimi anni. Penso che molti abbiano paura del diverso, dell'ignoto e del nuovo che avanza. Certo, penso anche che chi arriva in un Paese straniero debba sapersi adeguare. A livello di sensibilizzazione, però, stiamo facendo progressi. Serve tempo e gli scontri sono inevitabili. Ma magari tra dieci anni..."

Anche a Milano?

"Milano è unica. A fine anni '90 c'erano soprattutto cinesi, filippini e peruviani. Nella mia scuola ero l'unico marocchino. Oggi le periferie sono sempre più multiculturali, ma anche in centro si avverte la presenza di stranieri, molti dei quali integrati".

E lei si sente più marocchino o italiano?

"Mi sento sempre di più un cittadino del mondo".

Il suo approccio alla musica inizia da piccolo

"Un giorno ero solo a casa, ero triste e piangevo. Ho acceso la tv e sono stato rapito dai video trasmessi su Mtv. La musica era riuscita a calmarmi, consolarmi e tenermi compagnia. Da quel giorno non sono più riuscito a farne a meno".

Quando ha iniziato a suonare e cantare?

"Alle medie ero in una scuola a indirizzo musicale, suonavo la batteria e cantavo. Un inizio punk. Poi, ho scoperto la musica americana e più tardi l'esistenza di un panorama italiano. Poco dopo ho fondato il mio primo gruppo rap con Ghali, Fonzie, Sito e Paola. Ci chiamavamo Roppa&Rolla, poi siamo diventati Rap'n'Roll".

Maruego
Maruego

"Il gruppo si è sciolto. Per mantenermi ho iniziato a lavorare in una macelleria, ma nei ritagli di tempo scrivevo canzoni e le pubblicavo su YouTube. Gué Pequeno è rimasto colpito da un mio pezzo dal titolo 'Criminale' e nel 2014 ho fatto il mio esordio ufficiale nel panorama musicale italiano, pubblicando l'Ep 'Che ne sai", prodotto dai 2nd Roof.

Ha davvero portato la trap in Italia?

"Diciamo che prima di me molti approcciavano al rap in maniera totalmente diversa. Dopo il mio debutto qualcosa è cambiato, anche tra i nomi più grossi".

Il rap è stato una valvola di sfogo?

"La musica è il mio diario personale. Scrivo i miei pensieri, li riporto in rima e li canto. E' terapeutico, perché mi libero di qualcosa che mi brucia dentro. Ma non tutte le canzoni parlano di me, alcune sono senza senso, un modo per prendermi alla leggera".

Non le bastavano le canzoni, ha pubblicato anche dei podcast

"Molte volte, pur parlando di me nei testi dei miei brani, non sempre riesco a esprimere ciò che vorrei fino in fondo. La scelta di voler parlare del mio passato è dettata dalla volontà di lasciare trasparire alcuni aspetti della mia vita sconosciuti al pubblico".

Rap e trap, e poi... ?

"E' il momento di un'altra novità. Come sono riuscito a sorprendere tutti sperimentando per primo l'uso dell'autotune, ora vorrei stupire con il mio modo di scrivere. La mia musica non punta più sulle sonorità ma sul lessico. In Italia ci sono pochi liricisti, ecco io vorrei essere uno di loro. Spero di dimostrarlo con il prossimo album".

E dal mondo della musica cosa dobbiamo aspettarci?

"Torneremo alla musica dance e poi passeremo al rock e al punk. Siamo nostalgici. Ogni generazione sente la mancanza di quanto ha vissuto in passato e tende a riportarlo a galla. Come con la moda. Quindi, un giorno, sarà di nuovo il momento dei rapper".