Milano, il chitarrista Jonny Lang in concerto: quel ragazzo "venuto dal nulla"

Il musicista del Nord Dakota va in scena al Serraglio di via Priorato

Jonny Lang

Jonny Lang

Milano, 9 giugno 2019 - Gli eroi sono tutti giovani e belli. Ma dalla biografia di Jonny Lang si evince che il musicista del Nord Dakota, in scena domani al Serraglio di via Priorato, ha forse esagerato nel bruciare le tappe se è vero che, a 38 anni, ne ha già 24 di carriera sulle spalle. Il suo primo album, infatti, l’ha inciso quattordicenne, mentre quello che gli ha regatato il titolo di “enfant prodige” della chitarra blues è stato “Lie to me” del ’97, quando di anni ne aveva 16.

Un avvio folgorante, consacrato pure sul grande schermo dalla partecipazione a “Blues Brothers 2000” di John Landis e sui palchi da quella a decine di grandi eventi. Poi, il ragazzo venuto da Fargo (“molte cose possono accadere in mezzo al nulla” si dice nell’omonimo film dei fratelli Cohen) è incappato in una serie di alti e bassi fino al Grammy vinto nel 2006 grazie a quel “Turn around” entrato di diritto tra i suoi dischi migliori. “Il successo di ‘Lie to me’ mi prese alla sprovvista” ammette lui, che all’anagrafe si chiama Jon Gordon Langseth Junior.

«Era un sogno che si realizzava più velocemente di quanto avessi previsto. Avevo appena compiuto diciassette anni ed ero già disco di platino: incredibile. Capii che da quel momento avrei potuto vivere di musica perché ogni mio nuovo lavoro album sarebbe stato ascoltato ovunque. Ma la realtà è realtà e così non tutto è poi andato come fantasticato, ma va benissimo lo stesso perché, quando ho iniziato ad imbracciare la chitarra, mai mi sarei aspettato di fare il musicista e di vendere milioni di dischi». Ron Wood dei Rolling Stones, gli Aerosmith, Mick Fletwood, Cyndy Lauper (con cui ha condiviso le esperienze dell’album “Memphis Blues”), il maestro B.B. King (straordinaria la loro “Why I sing the blues” a tre con Lee Ritenour), Willie Nelson, Sting, Jeff Beck, Buddy Guy, Herbie Hancock, Santana (esaltato dall’incontro di “I ain’t superstitious”), hanno tutti incrociato la sua strada. “Credo di aver rubato qualcosa a ciascuno di loro” ammette Lang- Langseth, transitato da Milano pure qualche giorno fa con Walter Trout e Kris Barras. «Vedere all’opera artisti di questa levatura è un grandissimo insegnamento, che ti fa capire quanto devi ancora migliorare per ricavarti un tuo spazio nel mondo della musica». Gli undici pezzi di “Signs”, l’album dl 2017 che Lang presenta domani al Serraglio, lo riportano all’essenzialità dei primi dischi.

«Col tempo sono riaffiorate molte delle influenze scaturite dai miei ascolti di ragazzo e ho voluto raccoglierle in questo progetto» ammette lui, passato dai concerti della Bad Medicine Blues Band (il chitarrista della formazione di Fargo, Ted Larsen, è stato uno dei suoi primi maestri) ai dischi di Albert Collins, B.B. King e Buddy Guy. «Mi piace la musica poco raffinata, perché la trovo più autentica. Con questi brani ho voluto omaggiare i mostri sacri della musica blues che mi hanno indicato la strada».