Irama: "Milano che soffri, questa canzone è per te"/ VIDEO

Il cantante milanese in duetto con Francesco Sarcina: "Davanti alla sofferenza della città ho voluto dare un contributo, un segnale"

Milano, 27 marzo 2020 -  «La canzone è stata scritta assieme alle altre dell’album, ma ho pensato di farla uscire adesso perché davanti alla sofferenza della mia città ho ritenuto giusto dare un contributo, un segnale", assicura Irama parlando di “Milano”, il duetto con Francesco Sarcina in radio e sulle piattaforme digitali da oggi. "Ma non chiamatelo singolo, perché non lo è", dice il cantante carrarese cresciuto a Monza, al secolo Filippo Maria Fanti. "È solo un’anticipazione, un assaggio, del nuovo disco legato ai luoghi e alle assenze di un periodo straordinario".

Cosa l’ha spinta a bruciare i tempi? "In una situazione del genere penso che ogni persona dotata di senso civico, oltre a rispettare le regole, debba fare qualcosa per gli altri. Io faccio musicista ed è lì che sono andato a pescare".

Cosa le fa più impressione guardando fuori dalla finestra? "Ovviamente il vuoto totale di una città solitamente piena di vita. Ma andando oltre le apparenze, toccare con mano l’impreparazione generale ad un evento tanto catastrofico. Vedere persone in prima linea come medici o soldati rischiare la vita per salvarci. A loro va il mio primo pensiero, tant’è che tutti i miei proventi artistici verranno devoluti all’Ospedale Niguarda”.

Com’è nata l’idea di cantare il brano con Sarcina? "Innanzitutto, perché sono un grande ammiratore suo e de Le Vibrazioni. E poi perché lui e il suo gruppo sono diventati un simbolo di Milano, quindi estremamente adatto ad accompagnare la narrazione del pezzo".

Così gliel’ha mandata. "Sì e abbiamo condiviso il tutto a distanza, ma la tecnologia ci ha dato una mano. Così come computer e telefonino, soprattutto in questo periodo, ci consentono di coltivare i nostri affetti di non rimanere soli".

Quando arriverà il disco? "Difficile dirlo ora. È praticamente pronto, ma in questo momento ci tenevamo di più a metterci del nostro; parlo al plurale perché ho la fortuna di avere attorno tanti musicisti che lavorano assieme a me".

Come se lo immagina il suo mondo fra sei mesi? "Non sono Nostradamus, ma me lo immagino su un palco, con le persone sotto a cantare e (finalmente) ad abbracciarsi. Patiamo tutti il deficit di contatto che c’è in questo momento, per questo sono convinto che una volta arrivati alla fine del tunnel ci sarà un’esplosione d’amore incredibile. Perché c’è un gran bisogno proprio di questo".