Giulia Arena racconta il Paradiso delle signore: "Leggerezza e nostalgia"

Intervista all'ex Miss Italia protagonista nei panni di Ludovica nella soap opera

Un primo piano di Giulia Arena, dal 2018 una delle interpreti della soap opera Il paradiso

Un primo piano di Giulia Arena, dal 2018 una delle interpreti della soap opera Il paradiso

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"Il Paradiso delle signore è un progetto complesso, una macchina da guerra. Narra storie quotidiane, che si snodano di pari passo con il tempo storico e inducono i telespettatori a condividere con gli interpreti parte della loro vita". Parola di Miss Italia 2013, Giulia Arena, che nella soap opera, su Rai 1, interpreta un ruolo ricco di sfaccettature. Com’è Ludovica Brancia di Montalto? "È una ragazza dell’alta società milanese anni ’60, con la visione di una strada già disegnata, a fianco dell’amico Riccardo, di cui si è innamorata. Scontrandosi con la realtà, Ludovica commette molti errori per un amore, forse solo inizialmente vero, che poi diventa un po’ malato. Riccardo, parallelamente, racconta che il vero amore esiste e non è fatto di convenzioni". Quindi? "Lo scorso anno Il Paradiso delle signore si era concluso con il clamoroso mancato matrimonio fra i due personaggi. Ludovica, conscia di aver toccato il fondo, era partita per Parigi. Di ritorno a Milano, quasi in bancarotta per cattiva gestione degli affari, incontra in modo un po’ rocambolesco il cameriere Marcello ed essendo molto cambiata…" Come ci si cala nelle vesti di un personaggio? "Mi è di grande aiuto l’osservare il comportamento delle persone in cui mi imbatto, i loro sguardi, i gesti e riflettere sul carattere, le reazioni, sul perché della maschera che indossano. Il fatto che Ludovica sia diversa da me, mi permette di giocare sull’aspetto discordante. E, guardando il prodotto finito e non riconoscendomi, mi rendo conto di essere stata in grado di creare una nuova identità". Perché la serie tv incolla le persone al piccolo schermo? "È molto pulita. Riguarda un periodo italiano bellissimo, ormai concluso. Lo spettatore ne ha bisogno, perché bombardato da prodotti tv un po’ lontani dall’idea di leggerezza". La soap è vagamente ispirata al romanzo di Émile Zola, ma ambientata a Milano. Com’era la città negli anni ’50 e ’60? "Soprattutto la prima stagione è stata tratta dal testo “Al paradiso delle signore”. Ora nella serie vengono narrate le vicende del 1962, ambientate in una Milano in grandissima crescita. Sotto alcuni aspetti mi ricorda il periodo subito dopo Expo 2015, in cui vigeva l’idea che tutto fosse possibile. Tutti avevano la voglia di impegnarsi nei loro settori e di mettersi in gioco. Però, nel ’60 c’era in atto anche una grandissima svolta a livello di percezione sociale e dei diritti". Poi? "Allora la donna voleva lavorare e le era consentito farlo; poteva pensare o meno al matrimonio, o sposarsi, mantenendo la propria realtà. Ma non esisteva ancora il divorzio. Le sfaccettature sociali erano rilevanti in un’epoca di cambiamenti, in cui era in atto anche l’immigrazione dal Sud. Oggi tali dinamiche sono mutate e diamo per scontati i diritti acquisiti". Milano rosa? "Era tacitamente rivoluzionaria. Nella serie non si parla di grandi proteste, movimenti, ma di una piccola rivoluzione sociale, che avveniva quotidianamente, anche per il boom economico, che creava tanto lavoro e consentiva alle donne di lavorare". E il modo di organizzare un grande magazzino rispetto ad oggi? "Nella soap opera tutto è nuovo, oggetto di spettacolo: le vetrine, la sezione make up, il lancio di nuove collezioni. Attualmente ciò si ripete nei grandi magazzini, ma l’abitudine ha fatto perdere un po’ la dinamica di spettacolarità e sorpresa". La moda? "Quest’anno si è parlato dell’avvento della minigonna, che allora consisteva in un capo che teneva scoperto il ginocchio. Ciò destò grande scalpore e divise l’opinione pubblica. Anche la moda diventò una rivalsa per la donna, una grandissima conquista. Oggi, invece, sussiste l’idea che tutto è consentito e qualsiasi abbigliamento non desta più stupore". Lavorare con un direttore artistico del calibro di Daniele Carnacina? "Una fortuna, è capace di mantenere un perfetto equilibrio tra una serie con dei ritmi e delle trame molto serrati. Ne apprezzo anche l’aspetto umano e la voglia di accettare i suggerimenti proposti. È una guida per noi attori".