"D’Annunzio così cinematografico". Jodice: presto anche una serie tv

“Il cattivo poeta“, girato al Vittoriale, primo in classifica. Mostre e concerti per i 100 anni della “reggia“ del Vate

Gianluca Jodice, regista del film "Il cattivo poeta"

Gianluca Jodice, regista del film "Il cattivo poeta"

L'evento è casuale. Ma per celebrare i 100 anni del Vittoriale degli italiani sarebbe difficile immaginare un modo più efficace che trasformarlo nel set, realistico e magico insieme, di un film destinato a restituire verità a Gabriele D’Annunzio. "Il cattivo poeta", opera prima di Gianluca Jodice, campione d’incassi in queste settimane, ha il potere di far rivivere con forza e suggestione la casa-monumento appena restaurata e l’immagine del suo celebre inquilino. Interpretato da Sergio Castellitto e raccontato in un momento particolare della sua vita a Gardone Riviera, involontario protagonista di una spy-story di regime ambientata nei saloni e nel parco che quest’estate ospitano mostre ("Cento e cento e cento e cento anni del Vittoriale" e "DantePOP") e il festival "Tener-a-mente", sotto la direzione di Giordano Bruno Guerri. "Se arrivi al Vittoriale senza sapere nulla di D’Annunzio puoi anche rimanere freddo e spaesato", osserva Jodice, che al Comandante dedicherà anche una fiction televisiva. "Ma se, come me, hai avuto modo di studiare prima di arrivarci, non puoi che restarne folgorato. Perché questa è un’opera di pietre vive". Come spiega il successo del "Cattivo poeta"? "In verità non me lo spiego. Però mi piace pensare che quando si esplorano pagine tratte dalla nostra storia il pubblico risponde. Specie se lo si fa in modo personale, senza preoccuparsi di essere universali". Il film regala un D’Annunzio diverso, lontano dall’immagine stereotipata del Comandante e poeta. "Il fatto di vivere in una fase nata dal crollo delle ideologie consente di raccontare in modo diverso i personaggi, anche quelli più discussi. Vedo comunque reazioni da tempi di fuoco. A sinistra come a destra". Difficile accettare un D’Annunzio non fascista? "L’indifferenza di certa sinistra rivela la difficoltà ad accettare una realtà più autentica su quel personaggio". Nel film si intravede anche Benito Mussolini. Quale è la verità sul rapporto che c’era fra i due? "D’Annunzio era anticlericale, antiborghese e lo spirito aggregativo e violento del fascismo non si conciliava col suo carattere libertino e libertario. Aveva stima di Mussolini e della sua capacità di percepire la pancia degli italiani. A differenza sua D’Annunzio non era un politico ma un poeta". Un cattivo poeta. Con un posto di riguardo, però, nella storia della letteratura. "Scrisse una lettera a un’amica definendosi così, con ironia e depressione. Mi è sembrata un’immagine perfetta per il titolo del film. Sono certo che D’Annunzio, con questa sua definizione, volesse in realtà gettare discredito su chi l’aveva dipinto come un cattivo maestro". La scelta di Castellitto? "Una folgorazione. Ho visto una foto di D’Annunzio scattata alla scrivania. Gli occhi e il naso erano quelli di Sergio. Non volevo un sosia, ma qualcuno capace di evocare il personaggio quel che bastava per far passare il nostro punto di vista su di lui". Da questo film nascerà una serie in otto puntate. "Doveva essere una fiction dall’inizio. Poi si è optato per un film. La serie tv, realizzata in un’unica stagione, mostrerà un D’Annunzio più giovane, quindi interpretato da un altro attore". L’Italia ha riscoperto l’eroe di Fiume? "Il cinema non l’ha mai esplorato. Eppure è la figura più cinematografica che abbiamo. Giusto mostrarla, ma senza forzature. Lasciando al pubblico il compito di esprimere un giudizio su di lui e sul suo tempo".