Quel confine sottile tra la fantasia e la realtà

Persone e personaggi, nell’incrocio tra fantasia e realtà. Con confini mobili tra la cronaca dei fatti e la loro invenzione, sino all’effetto del “più vero del vero”

Milano, 21 gennaio 2018 - Persone e personaggi, nell’incrocio tra fantasia e realtà. Con confini mobili tra la cronaca dei fatti e la loro invenzione, sino all’effetto del “più vero del vero”. Si può partire con “Concetta” di Gad Lerner, Feltrinelli: “Una storia operaia” che ha come protagonista Concetta Candido, addetta alle pulizie in una birreria di Settimo Torinese, paese di fabbriche alla periferia di Torino.

È il 27 giugno 2017 quando Concetta, licenziata e senza sussidio di disoccupazione per grovigli burocratici, si dà fuoco per protesta, nella sede dell’Inps. Una “storia semplice” ma esemplare. Perché nel racconto corale che Lerner redige con severa e partecipe attenzione, emergono le precarietà e i diritti violati, le burocrazie stupide, le incomprensioni tra universo politico della sinistra e “lavoratori poveri”. E l’insieme di contraddizioni tra le trasformazioni di fabbriche hi tech esemplari per innovazione, ambiente e sicurezza, proprio lì, a Settimo, città nota per accoglienza sociale e attività culturali e la marginalità di mestieri che non consentono aspettative d’un migliore futuro. Il fuoco in cui Concetta s’avvolge diventa simbolo, di rifiuto di degradanti condizioni umane e di luce necessaria sull’indegnità di certe condizioni di lavoro e di vita. Altre esistenze ai margini meritano d’essere raccontate. Come quelle dei personaggi di “Malùra”, bel romanzo di Carlo Loforti, Baldini&Castoldi: Mimmo Calò, ex giornalista d’una Tv locale, appena uscito dal carcere dell’Ucciardone, il padre Pietro, pensionato e l’amico del cuore Pier Francesco. Palermo popolare, di vite costrette ad arrangiarsi. Un giro di scommesse inquinate da mani di mafia. Una famiglia vorace di soldi per consumi vistosi. E un viaggio tra Sicilia e Calabria, per rammendare ricordi e ritrovare senso di vita. Letteratura abile, nell’indagare su violenze e miserie sociali. E una scelta di ironia e disincanto, per salvarsi da ruvide realtà. Nella vita e nell’arte, ci si può riuscire.

In “Essere Nanni Moretti” di Giuseppe Culicchia, Mondadori, la storia è inventata, ma sono verissimi, invece, ambienti e contesti: il mondo dell’editoria e quello del cinema, il Festival di Venezia e le rassegne di paese, la corte attorno al red carpet del successo intellettuale e gli occhi di falco sui proventi materiali della fama per libri e film. Tutto comincia con uno sguardo allo specchio. E con un giovane fantasioso, Bruno Bruni, che approfittando della straordinaria somiglianza fisica, se ne va in giro per feste e salotti, con l’amata brillante fidanzata Selvaggia, spacciandosi per Nanni Moretti. Il finto Moretti ci riesce benissimo, scroccando lussuose ospitalità. Finché... Ironia e fantasia. Racconti sul sosia, uno straordinario tema letterario. E citazioni di Kafka, sulle ambiguità dell’identità. Giochi di ambienti veri o falsi e di parole ben scritte. Che al vero Nanni Moretti, si immagina, sono piaciute molto.