Quando Christo si fermò a NoLo

Alla fine degli anni ’70 lo studio fotografico Pambakian ospitò la prima mostra sul genio bulgaro

L'artista Christo, recentemente scomparso

L'artista Christo, recentemente scomparso

Milano, 13 giugno 2020 - L’artista bulgaro Christo Vladimirov Javacheff, noto come Christo, morto a 84 anni a New York una manciata di giorni fa, ancora considerato avanguardia pura, alla fine degli anni Settanta, "passò", seppur attraverso un’arte fotografata e riprodotta in una esposizione, dallo studio di Vasken Pambakian, in via Cavalcanti, in quello spicchio multietnico della città che oggi si chiama NoLo. In una sala del grande laboratorio fotografico i fratelli Pambakian, armeni arrivati a Milano dopo una lunghissima, travagliata, e molto interessante storia, avevano allestito una esposizione di foto di questo artista bulgaro entrato sulla scena alla fine degli anni Cinquanta, ancora non conosciutissimo al grande pubblico, ma dal linguaggio molto originale e innovativo: impacchettava le opere d’arte, gli oggetti di uso comune, i grandi monumenti creati della natura o fatti dall’uomo. La mostra fotografica che aveva incuriosito parecchi intellettuali dell’epoca e a cui “Il Giorno” aveva dedicato un lungo servizio, era stata allestita in uno spazio del “Palazzo della Fotografia” dei due fratelli armeni Pambakian: quattro piani in via Cavalcanti 5, oggi poco distante dal centro di preghiera islamico, in quegli anni ritrovo soprattutto di professionisti e appassionati della fotografia. "Uno spazio dell’edificio venne dedicato a questa esposizione che restò a Milano per diversi mesi - spiega Onnik Pambakian, figlio di Vasken che oggi porta avanti l’attività che fu del padre - di questa mostra conserviamo ancora il catalogo". Schizzi e foto di monumenti milanesi “impacchettati”. Ma non solo, una intera palazzina di Milano coperta di lenzuoli bianchi che lasciavano intravedere una statua centrale alla piazza, molto nascosta.

Potrebbe essere piazza della Scala. E ancora una Porta rivestita, ma il luogo è poco riconoscibile, perché il manto spesso copriva l’identità degli edifici. Quella mostra, nei ricordi di Onnik e di sua sorella Armine, fu così apprezzata che rimase esposta e visitabile per qualche mese. Un piccolo contributo locale alla divulgazione di un nuovo modo di intendere l’arte. E la storia di Christo si intreccia in qualche modo con la fortuna di questo studio fotografico di via Cavalcanti che per primo lavorò con i giornali, proprio al “Giorno” fornì le prime fotografie a colori e poi a Mondadori le prime foto da mettere nei settimanali di cultura e società come “Epoca”. E vale la pena ricordare anche la storia dei fondatori, i fratelli Vasken e Rant Pambakian, sfuggiti all’eccidio di Smirne avevano peregrinato per mezza Europa: nel 1920 ad Atene, nel 1943 a Vienna poi nel 1945 a Venezia. Avevano avuto l’idea di progettare un banco ambulante ripiegabile come una valigia con cui si misero a vendere macchine e accessori fotografici comprati nei mercatini di Vienna dove Vasken seguiva un corso di sviluppo e stampa a colori. A Venezia fondarono il circolo “la Gondola” dove si formarono fotografi come Gianni Berengo Gardin o Fulvio Roiter. Poi il salto a Milano, i giornali, gli intellettuali, l’arte e il resto è cronaca.