Brera dà il benvenuto ai soci. "Potranno dire la loro"

Il direttore della Pinacoteca James Bradburne illustra le novità: stop ingresso gratis e dal 4 solo tessere e prenotati

James Bradburne, direttore di Brera

James Bradburne, direttore di Brera

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Direttore James Bradburne, si riapre la Pinacoteca di Brera, per la terza volta, dopo un lunga chiusura, martedì 4 maggio. Con quali novità riaccoglierete il pubblico? "La prima è sostanziale. Apriamo le porte di Brera ai futuri soci. Una novità che segna una rivoluzione nella fruizione del museo. Non ci sono più biglietti, chi prenota la visita a Brera acquista una tessera nominale BreraCARD che dà diritto a visitare le sale del museo fisico e ad accedere per un anno alle stanze del museo virtuale, Brera Plus+. Non abbiamo ritoccato le tariffe, 15 euro l’ingresso, e 10 per i ridotti. Senza aggiungere un solo euro in più si potrà avere una temporary card degli Amici di Brera e ritornare al museo gratuitamente un numero illimitato di volte per tre mesi. Vogliamo contribuire a far crescere il nostro socio, e ascoltare ciò che avrà da dirci. Una volta all’anno faremo un meeting, facendo un sorteggio, per raccogliere da loro segnalazioni, suggerimenti. Il museo è “un luogo d’impegno“ diceva Franco Russoli, con diritti ma anche responsabilità".

L’ingresso torna ad essere a pagamento (non lo era da giugno scorso) ma di fatto la biglietteria non esiste più, sarà sempre obbligatoria la prenotazione su brerabooking.org. Chi si occupa del tesseramento? " L’Associazione Temporanea di Imprese dal 4 maggio affiancherà la Pinacoteca. Ne fanno parte importanti realtà imprenditoriali, Opera Laboratori Fiorentini, Civita Mostre e Musei, TicketOne Sistemi Culturali e Marsilio Editori. Ed è stato riassorbito tutto il personale precedente. Faranno parte di un help desk, risponderanno alle esigenze del pubblico". Niente modello di visita «mordi e fuggi», il cambio di paradigma impone una visione diversa. Lei cita spesso Modigliani, Wittgens e Russoli. Quanto ha influito sulla scelta di un approccio slow all’arte, la sua amicizia con il critico d’arte, scomparso otto mesi fa, Philippe Daverio? "E’ stato indispensabile nello sviluppo di questo nuovo approccio. Di un museo che ha un ruolo sociale nei confronti della propria comunità, lontano da un turismo di massa, in ogni caso ormai tramontato. Vogliamo far crescere un senso di appartenenza". Cosa pensa dell’iniziativa proposta in alcuni musei americani di vendere le opere per ripianare buchi di bilancio nell’era post Covid? "Nonostante l’autonomia noi musei statali non abbiamo nessuna possibilità di decidere di vendere le opere. Salvo scelte diverse da parte del ministero dei Beni Culturali o del Presidente del Consiglio. In ogni caso sono assolutamente contrario. Seguirei semmai la strada dei bond, come sta facendo il Moma. Un bond per la cultura. Per quanto riguarda la nostra situazione sarebbe utile un robusto sostegno da parte dello Stato. Circa due milioni extra. Abbiamo ridotto all’osso tutte le spese ma restano i costi fissi di personale e servizi. Gli incassi della biglieteria sono crollati nel 2020, quest’anno le stime sono difficili da fare. La speranza è che una buona parte dei 40 mila che hanno chiesto la tessera gratuita Brera Plus adesso la facciano a pagamento". Novità sugli allestimenti con questa riapertura? "Abbiamo in mostra Le fantasie di Mario Mafai, il laboratorio di restauro. Riapre il Caffè Fernanda e Bottega Brera, il bookshop della Pinacoteca. E adesso il valore aggiunto è Brera Plus, ne facciamo uno al mese, è come fare una mostra al mese. Un documentario di 26 minuti che è un’esplosione di nuovi contenuti con la valorizzazione delle collezioni bibliografiche e artistiche. Che vogliamo di più? Il futuro dei musei? Sono fiducioso. La ricetta: potenziare la qualità delle visite in presenza senza contaminarle con il virtuale. E sviluppare il virtuale, non come una semplice illustrazione, come modo di offrire una bella esperienza museale anche con le porte chiuse".