Andrea Pieroni (manager di Vertigo): "Gli spettacoli live non sono ai livelli pre-Covid"

"Gli appuntamenti estivi? Non è tutto oro quel che luccica. E lo stop agli Iron Maiden è stata una scelta necessaria"

Bruce Dickinson, frontman degli Iron Maiden

Bruce Dickinson, frontman degli Iron Maiden

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Milano - Andrea Pieroni, ceo di Vertigo, quanto c’è di autobiografico nel personaggio dell’avventuroso promoter musicale Raul Serrano del suo primo romanzo “È solo rock’n’roll’’?

"Di autobiografico non c’è quasi niente, il personaggio di Raul Serrano è molto estremizzato. Ma, certo, all’interno della storia ho preso spunto anche da alcune situazioni che ho vissuto in prima persona o che mi sono state raccontate, ad esempio negli episodi della vita del promoter a Los Angeles".

Serrano pensa che «il vero rock è morto il 31 dicembre 1989» e preferisce band anni Ottanta come Guns N’ Roses, Mötley Crüe, Van Halen e Poison ai Nirvana «di quel maniaco depressivo di Kurt Cobain» (parole di Serrano). Anche lei la pensa così?

"Bisogna distinguere il pensiero di un personaggio da romanzo come Serrano dal mio. Il personaggio che ho inventato pensa che il grunge sia stata la rovina del rock, non tanto dal punto di vista compositivo, ma di atteggiamento degli artisti. Il rock’n’roll, prima del grunge, anche con il punk, incarnava uno spirito di ribellione, e, negli anni Ottanta, di puro divertimento, non uno spirito autodistruttivo. Serrano, in fondo, non ha tutti i torti, perché moltissimi artisti-simbolo del grunge sono morti, mentre le rockstar degli anni Ottanta ancora riempiono gli stadi. E io sono cresciuto con il rock degli anni Ottanta. Dal punto di vista lavorativo, però, va ricordato che, da promoter, ho portato in Italia moltissime band grunge, dai Soundgarden agli Alice in Chains fino agli Stone Temple Pilots".

Dal romanzo alla realtà. Dopo oltre due anni di stop dei concerti dal vivo, da aprile in poi la ripresa dei live in Italia come procede?

"Il nostro lavoro, per due anni e mezzo, è stato vietato per legge. Quando è scoppiata la pandemia ero in tour con Eros Ramazzotti negli Stati Uniti e il 21 febbraio ho capito che non si potevano più fare concerti in Italia. In un giorno sono saltati il lavoro di mesi e centinaia di concerti. Quel blocco è stato traumatizzante dal punto di vista psicologico e molto pesante dal punto di vista economico".

Lo Stato ha fatto abbastanza per aiutare a sopravvivere gli operatori e i lavoratori del settore dello spettacolo?

"Siamo ancora in attesa della tranche di pagamento del primo semestre 2021. A parole i soldi ci sono ma materialmente ancora non sono arrivati. Speriamo che arrivino. Detto questo, i ristori per aziende grandi come Vertigo sono stati abbastanza soddisfacenti. Le piccole aziende del settore, invece, hanno ricevuto poco e niente. In generale, dunque, per il nostro settore è stato fatto molto poco".

Adesso si dice che ci sia molta voglia di concerti dal vivo da parte del pubblico italiano. I numeri del settore della musica live sono già tornati ai livelli pre-Covid, dunque ai livelli del 2019, o no?

"Ci vorrà ancora del tempo per tornare ai numeri pre-Covid. Non è tutto oro quel che luccica. È vero che quest’estate sono andati molto bene i grandi eventi, anche perché in larga parte i biglietti erano stati venduti prima dello scoppio della pandemia, cioè prima del 2020. Ma in quei maxi-concerti, pur da “tutto esaurito’’, la partecipazione reale è stata inferiore: sul 100% dei biglietti venduti, mediamente si è recato allo show l’80% dei fan".

Perché il 20% degli spettatori è rimasto a casa?

"Un po’ perché ha ancora timore di partecipare a grandi eventi di massa, visto quanto gli hanno raccontato sui rischi di contagio dal 2020 in poi. Un po’ perché due o addirittura tre anni dopo aver acquistato i biglietti tante cose cambiano e magari non ci sono più le condizioni personali per recarsi a quegli spettacoli. C’è anche un altro fattore da considerare".

Quale?

"I piccoli eventi stanno soffrendo molto. Il motivo è che nel 2022 in Italia c’è una concentrazione di concerti, tra quelli slittati dal 2020 e quelli di più recente programmazione, che non ho mai visto in 36 anni di carriera".

Vertigo sta portando in Italia le band rock e metal più importanti e alcune di quelle emergenti, pur con una storia alle spalle, come Ghost e Gojira. Il rock è ancora vivo, dunque, o, come ripete Gene Simmons dei Kiss, il rock è morto?

"Io non la penso come Simmons, penso che il rock sia vivo e vegeto. Certo, negli ultimi anni il genere è stato messo un po’ fuorilegge dai mass media e per un artista rock è più difficile emergere. Ma io sono convinto che band come Ghost e Gojira, quelle che lei citava, sostituiranno nel tempo i gruppi storici come Iron Maiden e Metallica, quando questi ultimi smetteranno di suonare".

Le nuove band come Måneskin e Greta Van Fleet possono far riavvicinare i giovani al rock e rappresentare qualcosa di positivo per il movimento rock?

"Assolutamente sì. Non tutto il pubblico rock, soprattutto quello più fondamentalista, attualmente vede bene questi due gruppi, ma una volta ascoltati dal vivo in molti cambieranno idea. Nel 2019 io sono stato il primo a portare i Greta Van Fleet in Italia: a Bologna c’erano 20 mila persone di tutte le età che si sono divertite molto".

Vertigo organizza il festival metal “Rock The Castle’’, ma la cultura dei festival rock, in Italia, stenta a decollare rispetto al Nord Europa. Perché?

"Io ho sempre pensato che i festival italiani siano penalizzati soprattutto dal fattore climatico. Il caldo in Italia rende la partecipazione molto faticosa. Le temperature in Nord Europa sono molto più basse. È per questo che abbiamo pensato il “Rock The Castle’’ come festival “a misura d’uomo’’, con più zone d’ombra, il prato e l’acqua gratis. Questa formula ha avuto successo".

Il rimpianto del 2022 per Vertigo, invece, immagino sia il concerto annullato degli Iron Maiden all’Arena Parco Nord di Bologna per il maltempo. Era una decisione inevitabile?

"È stato molto triste dover annullare il concerto degli Iron, a Bologna c’erano 30 mila persone. È stata una decisione che ho preso io, in accordo con il management della band. Il problema è stato che al momento del previsto inizio del concerto si è abbattuta sull’area una tromba d’aria e che, secondo le informazioni meteorologiche che ci sono state fornite in quei momenti, una nuova tromba d’aria con fulmini si sarebbe abbattuta sull’area del concerto da lì a 20 minuti. A quel punto, essendo responsabile dell’incolumità di 30 mila persone, non potevo rischiare che qualcuno si facesse male. Dunque è stato giusto annullare il concerto e anche la band ha sostenuto questa scelta. Capisco che alcuni spettatori si sono arrabbiati per l’annullamento, ma alle volte bisogna prendere decisioni impopolari ma necessarie per tutelare la sicurezza del pubblico".

Ultima domanda: in Italia ci sono i biglietti nominativi per i concerti ma quasi mai vengono controllate le carte d’identità all’ingresso di arene, palazzetti e stadi. Perché?

"La legge che ha istituito i biglietti nominativi è una stupidaggine pensata a puro scopo propagandistico da chi non conosce come funzionano gli spettacoli dal vivo. Tanto è vero che il biglietto nominativo esiste solo in Italia e in nessun’altra parte del mondo. Ed è un sistema totalmente inutile per prevenire il secondary ticketing, anzi i siti di bagarinaggio online sono più attivi di prima. Inoltre il biglietto nominativo crea difficoltà allo spettatore in fase di acquisto del tagliando. E i controlli non possono essere scaricati solo sulle spalle degli organizzatori, che puntano ad evitare problemi di ordine pubblico, non a crearli generando lunghe file".