Zaki, un anno di carcere in Egitto. Parla la sorella

Marise: "Non sappiamo ancora quando finirà questo incubo". Intanto mancano le prove dell'accusa

Patrick George Zaki

Patrick George Zaki

Roma, 7 febbraio 2021 - A un anno dall'arresto in Egitto di Patrick George Zaki, studente di 29 anni dell'Università di Bologna, si moltiplicano in tutta Italia manifestazioni per chiederne la libertà. Domani si terrà in streaming la maratona musicale 'Voci X Patrick', con esibizioni di artisti e interventi di amici e colleghi. In parallelo l'Università di Bologna ha lanciato il suo evento dal vivo mentre in città di tutta Italia, da Torino a Palermo, saranno affissi i dieci poster selezionati da circa 900 opere arrivati da creativi di oltre 50 Paesi di tutto il mondo. Intanto la sorella Marise (nella foto sotto) ha parlato dell'anniversario in un video in onda sul Tg di La7. "Oggi è un anno che mio fratello si trova in un carcere egiziano, per accuse infondate. Si occupa solo di diritti umani ed è interessato alle questioni delle minoranze nel suo Paese", ha detto la ragazza ringraziando anche "la città di Bologna per aver ospitato Patrick per un periodo breve ma importante, durante il quale si è molto affezionato". «Non sappiamo quando finirà questo incubo, abbiamo scoperto che mio fratello rischia di rimanere in carcere, un anno, due anni o forse di più. E non si sa se verrà mai scarcerato. Ciò che Patrick ci dice durante le visite è di "continuare quello che avete iniziato per rendere vicina la mia libertà". Patrick mi manca molto, non sappiamo quando potremmo riabbracciarlo, speriamo accada presto. Vorrei inoltre ringraziare tutte le città che hanno concesso a Patrick la cittadinanza onoraria e le università italiane ed europee che lo sostengono e le istituzioni di società civile italiane e europee».

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Ripercorriamo le tappe fondamentali di tutto quello che è successo in questo lungo anno.

L'arresto

Patrick Zaki è stato arrestato il 7 febbraio 2020 con un mandato di cattura risalente al 23 settembre 2019. Tornava a casa per andare a trovare la famiglia nel suo paese natale, Mansoura, ma quella che doveva essere una piccola vacanza si è trasformata in una detenzione in carcere lunga un anno.  Attivista per i diritti umani e collaboratore dell’associazione Eipr (Egyptian initiative for personal rights), Patrick è stato anche ex manager della campagna presidenziale di Khaled Ali, oppositore dell’attuale presidente al-Sisi. È accusato di terrorismo e diffamazione dello Stato, mediante i mass media. A Bologna Zaki è iscritto al Master Gemma, un corso in studi di genere e delle donne.   

Da Mansoura a Tora

Il 5 marzo 2020 Patrick viene trasferito da Mansoura, sua città natale, a Tora, carcere di massima sicurezza nella periferia del Cairo, noto per abusi e violazioni dei diritti umani, ma anche per sovraffollamento e condizioni precarie. Lo stesso giorno sulla facciata del Comune di Bologna, viene appesa la scritta “Libertà per Patrick Zaky”, vicino allo striscione che chiede “Verità per Giulio Regeni”.

I rinnovi della custodia cautelare

Le mobilitazioni in Italia e in Europa iniziano nella speranza che lo stato di fermo si concluda e Patrick venga scarcerato. Ma il 15 febbraio viene confermata la detenzione preventiva in attesa dell’udienza, fissata per il 22 febbraio, giorno in cui però la custodia cautelare viene rinnovata. Nei mesi centrali della pandemia (marzo e aprile), l’udienza viene rimandata più volte per motivi sanitari. Patrick è comparso per la prima volta davanti a un giudice il 26 luglio 2020. La sentenza  prevederà il rinnovo della detenzione per 45 giorni. La custodia viene prorogata ogni volta, anche durante l’udienza del 7 ottobre. L’ultima sentenza risale all’1° febbraio scorso, con un altro rinnovo della detenzione cautelare per 45 giorni.

Gli arresti degli esponenti della Ong Eipr

Il 20 novembre vengono registrati gli arresti di tre esponenti della Ong egiziana Egyptian Initiative for Personal Right (Eipr), con cui Zaki collaborava. Il direttore amministrativo, Mohammed Basheer, viene arrestato nella sua abitazione al Cairo; Karim Ennarah, direttore per la parte giustizia penale, mentre era in vacanza a Dahab e Abdel Razek, direttore generale della Ong, viene prelevato dalla sua abitazione al Cairo da agenti delle forze di sicurezza. L’azione viene denunciata da Revina Shamdasani, portavoce dell'Alto commissario Onu per i diritti umani: “Uno sviluppo molto preoccupante che evidenzia l'estrema vulnerabilità della società civile in Egitto”.

Lettere dal carcere

Per molti mesi non si hanno notizie sulle condizioni di salute di Patrick. La famiglia gli fa visita in carcere il 7 marzo. “Voglio i miei libri, voglio studiare” sono le parole dello studente che vengono riportate al mondo. Dal 9 marzo, però, non si sa più nulla di lui e nessuno può incontrarlo. Solo a fine luglio Patrick fa sapere che sta bene tramite una lettera e compare in tribunale. La madre riuscirà a rivederlo di persona a fine agosto. Poi il 12 dicembre giungono due lettere di Patrick alla famiglia, datate una 22 novembre e l’altra 12 dicembre. “Ho ancora problemi alla schiena e ho bisogno di un forte antidolorifico e prodotti che mi aiutino a dormire meglio”, ha sapere Zaki. “Il mio stato mentale non sta molto bene dall'ultima udienza. Continuo a pensare all'università e all'anno che ho perso senza che nessuno capisse il motivo di tutto questo. Speravo di trascorrere le feste con la mia famiglia ma questo non accadrà per la seconda volta a causa della mia detenzione”. Il 27 dicembre, il ragazzo riceve la visita della sorella Marise in carcere, che fa sapere: “Non sta bene, è molto angosciato per il suo futuro e per i suoi studi”.