Via Crucis Papa con famiglie russa e ucraina: chi sono le donne che porteranno la croce

I perché della scelta, le polemiche e le richieste di marcia indietro. Il direttore di Civiltà cattolica: "Irina e Albina scandalosamente insieme, per chiedere una grazia che solo il Signore può dare"

La loro partecipazione alla Via Crucis guidata da papa Francesco al Colosseo, in programma Venerdì Santo, il 15 aprile, è diventata un caso. Una famiglia russa e una famiglia ucraina, infatti, saranno le "protagoniste" scelte dal Vaticano per affiancare il pontefice alla tredicesima stazione, quella in corrispondenza della quale Gesù crocifisso muore dopo aver gridato "Dio mio, perché mi hai abbandonato?". A condividere la croce saranno due donne, la russa Albina e l'ucraina Irina. Una decisione che non è piaciuta all'ambasciata di Kiev presso la Santa Sede, il cui rappresentante Andriy Yurash ha espresso dissenso con un cinguettio su Twitter. Osservazioni cui ha fatto seguito un durissimo comunicato firmato dall'arcivescovo maggiore della chiesa greco-cattolica ucraina Sviatoslav Shevchuk, che parlato di "idea ambigua e inopportuna". Fino ad arrivare alla richiesta di oggi, a due giorni dall'evento, espressa da don Sergio Mercanzin di Russia Ecumenica perché la Santa Sede faccia "marcia indietro".

Critiche che non hanno portato ad alcuna reazione ufficiale dal Vaticano, anche se qualche commentatore sui media ha visto nelle paorle dell'amasciatore "una forma di pressione irrituale". E che, comunque, destano stupore poiché la scelta pare in assoluta sintonia con le posizioni espresse con chiarezza limpida da Bergoglio fin dall'inizio della guerra in Ucraina. Convinzioni sull'inutilità di ogni conflitto, sulla condanna al riarmo e sulla necessità di un lavoro diplomatico per raggiungere al più presto un "cessate il fuoco" (mai disgiunte, per altro, da una condanna all'aggressione di Putin) che sembrano riecheggiare nelle parole scelte dal papa oggi, in occasione della lezione di catechesi dedicata alla Pasqua. "La pace di Gesù - ha detto il capo della Chiesa cattolica, citando la Leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij - non sovrasta gli altri, non è mai una pace armata, mai. Le armi del Vangelo sono la preghiera, la tenerezza, il perdono e l'amore gratuito al prossimo, l'amore a ogni prossimo".

Chi sono le due donne che porteranno la croce

Da sinistra: Albina e Irina
Da sinistra: Albina e Irina

A portare la croce, si è detto, saranno due donne. Entrambe sono state intervistate dal portale Vatican News, a cui hanno raccontato la loro storia. Le giovani mamme si conoscono e sono amiche. La russa, Albina, è arrivata in Italia nel 1998. Oggi frequenta il terzo anno del corso di laurea in Infermieristica all'università Campus Biomedico di Roma. Ha conosciuto Irina l'anno scorso, durante il tirocinio nel centro di cure palliative. In questa struttura lavora l'amica ucraina, nel nostro Paese del 2004. Negli ultimi due anni ha affrontato l'emergenza Covid, assistendo pazienti colpiti dalla patologia in una fase avanzata. Dalle due amiche, consapevoli delle radici comuni del popolo russo e di quello ucraino, giungono parole di speranza, seppur in questo momento cupissimo in cui la logica delle armi sembra prevalere sulla potenza del dialogo e della compresione reciproca.

Con Irina al fianco, spiega Albina, "mi sento molto più sicura. Questo stare insieme è molto importante per superare qualsiasi difficoltà. Credo che nel prossimo futuro, come io e Irina, anche Russia e Ucraina impareranno a vivere in pace, a sostenersi a vicenda. A vivere come una unica famiglia. Il mondo non ha bisogno di guerre, ma di pace". Le fa eco l'amica ucraina, raccontando un episodio di poche settimane fa. "Quando ci siamo incontrate poco dopo l’inizio della guerra, Albina è venuta nel reparto - ricorda Irina - Io ero di turno. È bastato il nostro sguardo: i nostri occhi si sono riempiti di lacrime. Mi emoziono sempre nel ricordare che Albina ha cominciato a chiedermi scusa. In quel momento era veramente inconsolabile. Non riuscivo a consolarla. Lei si sentiva in colpa e mi chiedeva scusa. Io la rassicuravo che lei non c’entrava niente in tutto questo".

La riflessione comune

Albina e Irina, quando si troveranno insieme - perché, ricordano dal Vaticano, la pace si costruisce insieme - sotto la croce, venerdì sera, non diranno una parola. Porteranno il peso dello strumento che diede la morte a Gesù, senza una "richiesta di perdono o cose del genere", sottolinea padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà cattolica, rivista di cultura della Compagnia di Gesù. Saranno, prosegue il sacerdote gesuita, "scandalosamente insieme" per chiedere "una grazia che solo il Signore può dare". Un messaggio scandaloso, come scandaloso e terribile è "il Vangelo di Cristo".

Nessuna parola, quindi, ma una meditazione scritta a quattro mani. Per affidare alla Via Crucis, dolore supremo che è comunque anticipatore della salvezza della Resurrezione pasquale, un grido silenzioso di speranza. La riflessione si concentra sulle abitudini rivoluzionate dalla guerra - "l'esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie” - e pone una serie di domande, rivolgendosi direttamente al Signore. "Dove sei? Dove ti sei nascosto? - si chiedono - Quale colpa abbiamo commesso? Perché hai abbandonato i nostri popoli?". Per chiuedere con una preghiera di riconciliazione. Dio Padre parli "nel silenzio della morte e della divisione", insegnando "a fare pace, a essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”.