Deltacron, i segreti della nuova variante scoperta a Cipro. E' un errore di laboratorio?

Pregliasco: "Resta sotto osservazione". Per alcuni virologi potrebbe essere frutto di un semplice artefatto, un disguido di analisi. Ma i criprioti insistono

Crescono le preoccupazioni per il contagio a causa delle continue varianti

Crescono le preoccupazioni per il contagio a causa delle continue varianti

La scoperta a Cipro di Deltacron, ovvero il mix di Delta e Omicron, solleva nuove inquietudini, in un periodo in cui la pandemia sembra correre e sfuggire a test, vaccini e misure di prevenzione. Ma dobbiamo davvero allarmarci? Gli esperti e i più noti virologi tendono a spiegare il contrari, anche perché i punti fermi a nostra disposizione sono ancora pochi, ma dalle prime evidenze nessun infettivologo sembra essere rimasto spiazzato.

La tesi delle mutazioni

 “È un evento possibile e atteso - spiega Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) - le varianti emerse recentemente possono aver aggiunto alcune mutazioni e quindi l’unione di Delta con Omicron non è sorprendente. In virologa esiste il riassortimento dei virus per formarne uno completamente nuovo, i coronavirus possono farlo. Deltacron potrebbe essere un nuovo virus che ha messo insieme mutazioni vecchie e nuove o un riassortimento virale. Servono più elementi però, non sappiamo quasi nulla di Deltacron e al momento è impossibile dire se sarà dominante e con quali sono le caratteristiche”.

La prudenza di Pregliasco

Secondo Andreoni, piuttosto Deltacron “deve essere un monito” perché “lasciare circolare il virus vuol dire creare nuove varianti e vivere nell’attesa spasmodica di capire se saranno pericolose”. Stessa prudenza da Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano: “In questo momento Deltacron è sotto osservazione, ma non è ancora definita come una variante di preoccupazione. Per saperne un po‘ di più ci vorranno tra i 15 giorni e le tre settimane“.  Secondo l’esperto “per ora  sappiamo solo che si tratta di una variante che combina le mutazioni proprie di entrambe le varianti e che vede un numero ristretto di segnalazioni già da un po‘ di tempo, ma si tratta di capire quanto è diffusiva“. 

Mille varianti censite

Non si sa infatti se la nuova mutazione abbia preso la diffusività della Omicron e l‘aggressività della Delta o altri aspetti. “E‘ tutto da individuare - sottolinea Pregliasco -. Ad oggi dobbiamo solo vedere il fatto positivo che se stiamo attenti riusciamo a monitorare anche queste varianti, ce ne sono più di mille censite“. Anche l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di igiene all’Università del Salento, precisa che al momento “non sappiamo molto” sulla cosidetta Deltacron, ricombinazione tra le varianti di Sars-Cov-2 Delta e Omicron, e serve “verificare” cosa sia realmente successo. “L’aspetto preoccupante legato a nuove varianti è legato a due fattori: il primo è che sia più contagiosa, e con Omicron è una bella sfida; il secondo è che abbia un livello di patogenicità maggiore. Insomma che si combinino insieme diffusività e aggressività sarebbe il grande rischio, ma è abbastanza improbabile”. 

Si spegnerà da sola?

 “Se Deltacron non è più contagiosa di Omicron - conclude Lo Palco - si spegnerà da sola, come accadrà ad altre varianti perché Omicron ha un vantaggio competitivo elevato”, sottolinea. Ma cosa sappiamo finora di Deltacron? Non molto, in effetto. Si tratta anzitutto di un ceppo del Covid che combina le varianti Delta e Omicron trovato a Cipro. In loco, tra i primi a esprimersi è stato Leondios Kostrikis, professore di scienze biologiche all’Università di Cipro e capo del Laboratorio di biotecnologia e virologia molecolare. “Attualmente ci sono co-infezioni Omicron e Delta e abbiamo scoperto che questo ceppo è una combinazione di queste due varianti”, ha poi concluso.

La versione di Galli

La variante Deltacron "merita sicuramente attenzione. Potrebbe rivelarsi più pericolosa e preoccupante delle altre varianti, però, solo se si dimostrasse più diffusiva di Omicron. E questo lo ritengo non molto probabile". Lo ha spiegato  Massimo Galli, già direttore di Malattie infettive all'ospedale Sacco di Milano.  "Certo merita considerazione e studio - continua - considerando che le due varianti ricombinate sono diverse tra loro, il fatto che si possa verificare un fenomeno di questo genere non può essere trascurato.

Le firme genetiche simili

La nuova variante è stata chiamata Deltacron proprio a causa dell’identificazione di firme genetiche simili a Omicron e Delta all’interno dei genomi, ha spiegato il professore. Kostrikis e il suo team hanno identificato 25 di questi casi e l’analisi statistica mostra che la frequenza relativa dell’infezione combinata è maggiore tra i pazienti ricoverati in ospedale per Covid rispetto ai pazienti non ospedalizzati. Le sequenze dei 25 casi di Deltacron sono state inviate a Gisaid, il database internazionale che traccia i cambiamenti del virus, il 7 gennaio. “Vedremo in futuro se questo ceppo è più patologico o più contagioso o se prevarrà su Delta e Omicron”, ha spiegato il ricercatore, sottolineando che, secondo lui, questo ceppo potrebbe essere sostituito anche dalla variante Omicron, altamente contagiosa.

La tesi dell'errore di laboratorio

Prende quota anche una tesi a dir poco suggestiva: Deltacron potrebbe essere in realtà il frutto di un semplice artefatto, un errore di analisi di laboratorio. È questo il sospetto che con sempre con più insistenza circola nella comunità scientifica. «È pressoché certo che una variante ibrida tra Delta e Omicron si possa generare perché fenomeni di ricombinazione sono ben note e sono già state osservate, per esempio, tra la variante Alfa e quella Delta. Nel caso specifico, però, le 24 sequenze depositate dai ricercatori ciprioti sono state state analizzate abbastanza nel dettaglio da diversi gruppi di ricerca che concordano con il fatto che con ogni probabilità si tratta di un artefatto», spiega  Marco Gerdol, ricercatore all’Università di Trieste.

I genomi ciprioti

 Nella notte Leonidos Kostrikis, a capo del laboratorio di Biotecnologia e Virologia molecolare dell’università di Cipro, ha ribadito la correttezza dei propri dati, sostenendo che l’errore è improbabile dal momento che i genomi sono stati analizzati in diverse procedure e in più di un paese; inoltre è stata riscontrata almeno una sequenza provenienti da Israele con le caratteristiche di Deltacron. Le obiezioni cipriote però non convincono i ricercatori: “Se andassimo ad analizzare tutti i genomi potremmo trovare migliaia di casi apparentemente ibridi. Alcuni studi fatti in passato hanno però rilevato che solo il 30% delle sequenze che sembrano ibride lo sono realmente“. 

I dubbi dei ricercatori

Per poi aggiungere: “Il più delle volte si tratta di semplici errori di sequenziamento, che non sono rari nel momento in cui diverse decine di campioni vengono analizzate in parallelo. Inoltre, sappiamo da tempo che alcune regioni genomiche sono più sensibili a questi tipi di contaminazioni e sono proprio quelle interessate da queste 24 sequenze», aggiunge il ricercatore. «Al momento, quindi, non c’è preoccupazione. Inoltre, qualora si verificasse una ricombinazione tra Delta e Omicron, non c’è nessun motivo di ritenere a priori che la nuova ipotetica variante debba prendere il peggio delle due, cioè la maggiore virulenza di Delta e la più alta trasmissibilità di Omicron», conclude Gerdol.