Variante Delta, in Lombardia un caso ogni 10: forte aumento a fine giugno

Nel complesso la situazione appare sotto controllo, soprattutto grazie alla totale genotipizzazione dei tamponi positivi, che permette una mappatura in tempo reale

Covid (foto di repertorio)

Covid (foto di repertorio)

Milano -  Variante Delta anche in Lombardia. Nel mese di giugno la percentuale di casi di positività a questa variante del Coronavirus è stata del 10% sul totale dei tamponi positivi mensili, percentuale cresciuta molto negli ultimi giorni del mese, pur nel contesto di una costante diminuzione dei positivi al Covid. È quanto emerge da una analisi della Direzione Generale Welfare di Regione Lombardia che evidenzia uno switch in atto tra le varianti Alpha e Delta e conferma come tutte le varianti Covid siano coperte efficacemente dopo il completamento del ciclo vaccinale.

Nel complesso la situazione per la Regione Lombardia appare sotto controllo, soprattutto grazie alla totale genotipizzazione dei tamponi positivi, che permette una mappatura in tempo reale della diffusione del contagio e delle sue varianti. In media per tutte le varianti identificate, l`87,2% degli infettati non risultava vaccinato; era vaccinato con prima dose per l`8,1% e vaccinato dopo ciclo completo per il 4,7%". In ogni caso, ha ribadito la Dg Welfare, la copertura vaccinale abbatte drasticamente il rischio di contagio e comunque l`eventuale sviluppo della malattia in forma grave. In particolare, dopo il completamento del ciclo vaccinale e trascorsi 14 giorni dalla seconda e ultima somministrazione, la risposta al vaccino risulta pressoché uguale per tutte le varianti.

"Moratti anticipi i richiami"

"Ora che anche Moratti, sulla variante Delta, è giunta alla conclusione che bisogna accelerare la copertura con la seconda dose di vaccino, ci aspettiamo che provveda ad accorciare i tempi dei richiami". Lo ha scritto in una nota la consigliera regionale del Pd in Lombardia Carmela Rozza, prima firmataria insieme al capogruppo Fabio Pizzul di una mozione urgente depositata in Consiglio regionale, con cui si chiede, tra l'altro, di anticipare le date della somministrazione della seconda dose di Pfizer e Moderna da 42 ai 21 giorni e, per AstraZeneca, da 84 a 28 giorni. "C'è una marea di persone da 50 anni in su che ha ricevuto solo la prima dose ed è ad alto rischio non solo di infettarsi ma di incorrere in malattia grave. Noi abbiamo presentato una mozione urgente proprio per questo, ma chiediamo a Moratti di non attendere che venga discussa martedì prossimo, anzi, assuma una decisione al più presto" ha aggiunto Rozza. Nella mozione il Pd chiede anche di definire una struttura stabile di tracciamento dei contagi; proporre a chi rientra dallevacanze estive un test molecolare gratuito per individuare i casi di variante non rilevabile dai test antigenici e costituire un`equipe di lavoro dedicata al tracciamento di comunità a rischio (scuole, quartieri, luoghi di lavoro ecc.). La mozione è stata calendarizzata per martedì 6 luglio.

Variante Delta, l'identikit

Tra le varianti ad oggi isolate quella che più ha destato preoccupazione è la variante alfa, isolata in Inghilterra nel mese di dicembre e diffusasi nel mondo intero nel giro di pochi mesi. A differenza di altre varianti, quella alfa si è diffusa ed è divenuta predominante grazie alla sua elevata contagiosità, di circa il 60% superiore rispetto a Sars-Cov-2 isolato in origine. Una caratteristica, quella della maggior contagiosità, che si è tradotta in un numero elevatissimo di contagi, ricoveri e decessi nei mesi invernali del 2021. A prendere il suo posto, però, ora, è la variante Delta, isolata in India e molto contagiosa. In Inghilterra è boom di nuovi casi e alcuni focolai sono già scoppiati in Italia. Secondo gli studi epidemiologici effettuati proprio in Inghilterra, la variante delta sembrerebbe essere più contagiosa della alfa almeno del 40-50%. Un virus dunque che si sta evolvendo verso una contagiosità massima. Alla base di questa maggiore contagiosità sembrerebbe esserci una particolare mutazione, P618R.

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Perché è così veloce?

Ma perché la variante Delta è così veloce? Per la proteina Spike, che il virus usa per agganciarsi alle cellule umane e che è il principale bersaglio dei vaccini anti Covid-19. Le mutazioni in questa proteina danno alla variante un doppio vantaggio: da un lato si lega alle cellule umane in modo più efficiente, dall'altro "mascherano il riconoscimento del virus da parte del sistema immunitario", ha spiegato Ettore Domenico Capoluongo, ordinario di Biochimica clinica dell'Università Federico II di Napoli, principal investigator e membro della task Force Covid 19 del centro Ceinge-Biotecnologie avanzate.

Chi si ammala?

Poiché sono ancora molti i giovani non vaccinati, la variante Delta sta viaggiando attraverso le fasce più giovani della popolazione. A preoccupare sono anche le segnalazioni delle autorità sanitarie australiane, che hanno definito i contagi "spaventosamente rapidi", possibili cioè dopo un contatto di 5-10 secondi, sulla base delle riprese fatte dalle telecamere a circuito chiuso in un centro commerciale di Sydney. Il motivo per cui questo accada non è ancora chiaro e una delle ipotesi è che la variante Delta si replichi in modo molto più efficiente rispetto alla Alfa, producendo così un maggior numero di particelle del virus in circolazione nell'organismo (carica virale). Senza dubbio la variante Delta "ha una maggiore capacità di infettare le cellule dei polmoni, ma per trarre conclusioni servono statistiche molto grandi", rileva Capoluongo. Nei nuovi casi rientrano anche i vaccinati ma in attesa di ricevere la seconda dose. Un recente studio ha infatti dimostrato che l’efficacia contro la variante delta di una sola dose di Comirnaty e Vaxzevria si attesta intorno al 30%. Con le due dosi invece si ritorna a percentuali elevatissime.

I sintomi

Le mutazioni che mascherano la proteina Spike rendono difficile riconoscere la variante Delta ai test tradizionali e a rendere ancora più complicata la situazione ci sono i sintomi, comuni a molti altri disturbi come raffreddore, mal di stomaco, mal di testa, dolori delle articolazioni.  "I sintomi nei giovani sono più simili a un brutto raffreddore", ha spiegato Tim Spector, esperto del Zoe Covid Symptom, la piattaforma no-profit lanciata nel 2020 insieme all'applicazione per il supporto alla ricerca sul Covid. Dunque, i classici sintomi dell'infezione da Sars-CoV-2, cioè la febbre e la perdita dell'olfatto e del gusto, "sembrano meno diffusi". "Dall'inizio di maggio abbiamo analizzato i  sintomi più diffusi tra chi è stato contagiato dalla variante delta e non sono uguali a quelli di prima", osserva. "La febbre rimane abbastanza comune, ma la perdita dell'olfatto non compare più tra i primi 10 sintomi", ha precisato Spector.  "La variante delta funziona in modo leggermente diverso" e questo può creare dei problemi. "Le persone potrebbero pensare di avere un raffreddore e continuare una vita normale diffondendo il virus. E riteniamo che questo nuovo aspetto stia alimentando il problema". 

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I vaccini funzionano?

Tuttavia i vaccini la riconoscono ancora e il sistema immunitario reagisce in modo più efficiente soprattutto dopo la seconda dose. "Dobbiamo essere certi che si faccia anche la seconda dose", ha infatti spiegato la direttrice esecutiva dell'Ema Emer Cooke. La variante Delta "sarà sempre più importante", in termini di diffusione, ha rilevato Cooke, ribadendo la fiducia nei vaccini come strumento di protezione. "I quattro vaccini che abbiamo autorizzato, vale a dire Pfizer BioNTech, Moderna, Astrazeneca e Johnson&Johnson sono tutti e quattro sicuri e efficaci", ha aggiunto la direttrice dell'Ema. Ecco perché la variante Delta è la più infettiva di tutte (per ora). "Con la seconda dose riusciamo ad avere una protezione", ha ribadito il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri. "I contagi riguardano prevalentemente coloro che non sono vaccinati o coloro che hanno ricevuto solamente la prima dose. "Coloro che ricevono la seconda dose e che prendono il virus, nella peggiore delle ipotesi, non sviluppano la malattia grave che poi ti porta in terapia intensiva. O meglio, le chances di avere una malattia grave che ti porta in terapia intensiva, sono estremamente basse". Mentre, Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute per l'emergenza coronavirus e docente di Igiene all'università Cattolica di Rom, ha sottolineato di "continuare a mantenere le cautele".

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