Variante Delta ha già tre versioni. Cosa sappiamo, sintomi e nuovi test

L'obiettivo per i prossimi mesi è porre un freno alla sua circolazione. In Gran Bretagna e in Russia è già diventata dominante, determinando una nuova impennata di casi. Cosa bisogna fare ora in Italia?

Sintomi della variante Delta

Sintomi della variante Delta

Mentre l'Italia si prepara a tornare (quasi) tutta bianca da lunedì 21 giugno, in tutto il Paese resta alta l'allerta per la variante Delta. Proprio la diffusione di questa variante sta creando non pochi problemi nel Regno Unito, dove si sta registrando una forte crescita di casi. Proprio per questo il governo ha deciso di posticipare di almeno un mese lo stop alle ultime restrizioni. Ma la variante è ormai diventata dominante anche in Russia, vicina i 18mila casi in 24 ore. Ma cosa sappiamo di questa variante? Come si sta evolvendo? E soprattutto come possiamo difenderci dalla sua circolazione? 

Una variante in evoluzione: ci sono tre versioni

Al momento sono tre le versioni attualmente più diffuse della variante Delta, finora presente in un centinaio di Paesi e indicata con la sigla B.1.617. È comparsa in India nell'ottobre 2020, contemporaneamente a un'altra variante simile, ma meno aggressiva, la B.1.618. Nelle banche date genetiche internazionali quella che adesso è la variante Delta, secondo la terminologia recentemente introdotta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) è diventata una sorvegliata speciale, ossia una delle cosiddette Voc (dall'inglese Variant of Concern), ossia le varianti che per le loro caratteristiche destano particolare preoccupazione. Come tutte le varianti, anche la Delta accumula mutazioni con una relativa facilità, tanto che molto presto ha dato origine a una sorta di 'famiglià, i cui membri sono le tre versioni chiamate B.1.617.1, B.1.617.2 e B.1.617.3. Di queste la più diffusa è la B.1.617.2, considerata il 60% più efficace nel trasmettersi rispetto alla variante Alfa grazie ad alcune mutazioni, come la K417N, presente anche nelle varianti Gamma, la B.1.351 identificata per la prima volta in Brasile e nella Beta identificata in Sudafrica, e la E 484Q, presente anche nella variante Gamma. La variante B.1.617.2 adesso è a sua volta è mutata, sviluppando una nuova versione, indicata con la sigla B.1.617.2.1 o più semplicemente AY.1. È stata identificata in India, nell'Istituto di genomica e biologia integrativa (Igib) del Consiglio nazionale delle ricerche indiano, Csir. Secondo I ricercatori dell'Igib sarebbe già diffusa in alcuni Paesi e avrebbe caratteristiche la potrebbero renderla più resistente sia ai vaccini anti Covid, sia alle terapie basate sugli anticorpi. A darle queste proprietà sarebbe la mutazione K417N, presente anche nella variante Beta.

Ecco quali sono i sintomi 

La variante Delta sembra dare "sintomi leggermente diversi, dai primi report. Gli americani già cominciano a scriverlo. Sembra dare più sintomi a carico dell'apparato respiratorio: raffreddore, naso che cola, mal di gola, mal di testa sembra il sintomo più comune, la febbre è il quarto" sintomo, "la tosse solo quinta e raramente questa variante sembra dare anosmia" ossia perdita di olfatto. E' il quadro tracciato dal direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza. "Non si sa se in termini di ospedalizzazioni" la variante Delta "comporti un rischio maggiore. Ma questi sintomi è bene tenerli in conto - ha spiegato - Nulla di ufficiale, ma riporto segnalazioni fatte in particolare nel mondo anglosassone. Noi abbiamo già diversi focolai dovuti alla variante indiana nel Paese. Difficile arrestare il fenomeno del rimpiazzamento, lo abbiamo visto con la variante Uk. Quando una variante corre più di un'altra prima o poi si verifica questo fenomeno" per cui la variante avvantaggiata diventa dominante.  Quello che si può fare, ha aggiungo Rezza, "è ritardare l'ingresso massivo del virus, anche se quando una variante corre più di un'altra prima o poi entra. Questa variante Delta corre il 60% più di quella Uk. Difficilmente si eviterà" il rimpiazzamento. Da qui la scelta dell'ordinanza che introduce la quarantena di 5 giorni con obbligo di tampone per chi arriva dalla Gran Bretagna. "Quando si vede che la situazione in un altro Paese è tale per cui c'è un'alta probabilità di importazione di casi, si passa a rimedi estremi che non prevedono deroghe. E quando si introduce la quarantena la si introduce per tutti, vaccinati e non", ha chiarito l'esperto.  

I nuovi test in arrivo

Nel frattempo sono in arrivo  anche in Italia nuovi test che permettono di riconoscere la variante Delta del virusSarsCoV2 già a una prima analisi molecolare del campione di materiale biologico prelevato con il tampone. Erano attesi da tempo perché "servono nuovi criteri di analisi dei tamponi con un'alta carica virale per riuscire a individuare la variante Delta", osserva il virologo Francesco Broccolo, dell'Università di Milano Bicocca e e direttore del laboratorio Cerba di Milano. Rispetto a quelli attualmente utilizzati per la diagnosi, i nuovi test non cercano le mutazioni nella proteina in cui queste si concentrano maggiormente, ossia la Spike utilizzata dal virus per invadere le cellule, ma cercano una mutazione chiamata N501Y, presente in tutte le principali varianti finora note tranne che nella Delta, in particolare la B.1.671.2, che è la più diffusa delle tre varianti identificate in India. L'appello del virologo è a "modificare quanto prima i criteri per lo screening e ad aggiornare i test per la ricerca delle varianti che destano preoccupazioni". Al momento, prosegue, "non abbiamo un monitoraggio della circolazione di questa variante, contrariamente a quanto avviene in Gran Bretagna, dove è attivo un programma nazionale per il sequenziamento" e "la procedura attuale consiste nel fare il tampone con test non aggiornati sull'attuale quadro epidemiologico italiano, che prevede la presenza della variante Alfa nel 95% dei tamponi positivi"