Vaiolo delle scimmie: sintomi, contagio, vaccino, durata malattia. Cosa sappiamo per ora

Primo caso in Toscana, l'Oms valuta ipotesi di innalzare livello di emergenza. Bassetti: numeri per ora sono limitati ma è probabile che cresceranno

Milano - Resta alta l'allerta per il vaiolo delle scimmie. Oggi è stato registrato il primo caso in Toscana: ricoverato un giovane rientrato nei giorni scorsi da una vacanza alle isole Canarie. Tra i primi a puntare l'attenzione sul tema c'è Matteo Bassetti  direttore delle malattie infettive dell'Ospedale San Martino di Genova. Il vaiolo delle scimmie - ha spiegato ad Agorà su Rai 3 - "è molto meno contagioso del Covid, elemento che in parte tranquillizza". Nonostate ciò, a preoccupare sono due aspetti: il fatto che vi sia stata "trasmissione interumana e la disseminazione globale dei casi", non più ascrivibili a un solo focolaio. Il virus del vaiolo delle scimmie, ha spiegato Bassetti, "è conosciuto dalla fine degli anni '50 del secolo scorso e non colpisce solo le scimmie, ma anche altri animali, poi passa all'uomo. La cosa che preoccupa è che ora non siamo di fronte solo a uno spill-over, ovvero al passaggio da animale a uomo, ma a una trasmissione inter umana, ovvero da un essere umano all'altro. Inoltre, fino a oggi, i casi erano ascrivibili tutti a un solo focolaio mentre ora abbiamo una disseminazione globale, con moltissimi paesi interessati. I numeri sono limitati ma è probabile che cresceranno perché c'è maggior attenzione e più indagini".

Come avviene il contagio

"Non c'è una mutazione del virus" e "il contagio avviene con contatto diretto con le lesioni, ovvero pustole simili a vaiolo ma più piccole, e si trasmette anche attraverso la saliva: non basta però stare nella stessa stanza di una persona infetta, bisogna avere un contatto stretto. I rapporti sessuali non protetti e continuativi rappresentano un rischio". Le mascherine, ha precisato, "sono sempre utili per ogni malattia a trasmissione per via aerea, non direi di mettere mascherina per evitare 140 -150 casi. La vaccinazione antivaiolosa, protegge anche nei confronti del vaiolo delle scimmie". "È giusto che noi esperti facciamo i tutto per contenere i focolai" ma è giusto anche essere consapevoli, ha concluso, che zoonosi come questa, "ci sono sempre state, mentre la vera pandemia è quella da batteri resistenti agli antibiotici, ogni giorno muoiono centinaia di persone e nessuno ne parla". 

Quanto dura

I pazienti di vaiolo delle scimmie potrebbero trasmettere la malattia fino a quattro settimane dopo la comparsa dei sintomi, secondo quanto dichiarato da due esperti al "DailyMail". Il dottor Amesh Adalja, studioso di malattie infettive presso la John Hopkins University, USA ha spiegato nella sua intervista che possono essere necessarie fino a quattro settimane perché non si sia più contagiosi, questo perche': "Possono essere necessarie alcune settimane prima che le lesioni cutanee causate dal virus scompaiano. E le persone sono contagiose fino a quando le loro lesioni cutanee attive non sono scomparse". Le persone che contraggono il virus inizialmente soffrono di febbre prima che appaiano eruzioni cutanee e lesioni cutanee sul viso e sul corpo. Il virus può quindi essere trasmesso per contatto con le aree colpite o tramite goccioline espulse con tosse e starnuti. Gli scienziati affermano che è possibile che il virus sia trasmesso anche sessualmente. Il secondo esperto sentito dal "DailyMail", il dottor Michael Head, della Southampton University in Inghilterraèe' d'accordo con Adalja. Ha dichiarato: "Sulla base di precedenti focolai di vaiolo delle scimmie e delle indicazioni delle autorità sanitarie britanniche e dell'OMS, il periodo infettivo puo' essere assimilato al periodo di tempo in cui sono presenti l'eruzione cutanea e le vesciche. Questo significa due settimane o più" 

Oms, ipotesi innalzamento livello di emergenza

Sul tavolo dell'Organizzazione mondiale della Sanità c'è anche l'innalzamento del livello dell'emergenza. Per Massimo Galli, già direttore del reparto di Malattie Infettive del Sacco di Milano, si tratterebbe di "un atto dovuto, fino a un ulteriore chiarimento della situazione. Non si può certo lasciar passare un fenomeno con queste caratteristiche senza lavorarci sopra, seppure non ci sono gli elementi di un allarme". "Per poter rapidamente risolvere questo fenomeno, come tutti speriamo - ha aggiunto - bisogna gestire le cose al meglio e lo strumento dell'emergenza sanitaria serve anche per allertare i sistemi sanitari di tutti i Paesi".

Vaccino antivaioloso

Per Galli "non avrebbe nessun senso tornare al vaccino anti vaioloso. Non serve ora. Credo che la faccenda possa essere gestita in maniera diversa. Il rapporto costo-beneficio non è tale da reintrodurre un vaccino". Per Galli, invece, "è importante andare a vedere da dove questa infezione parte. E seguire con molta attenzione i contatti. In questo modo si dovrebbe chiudere la vicenda in un tempo ragionevole. Mi auguro davvero che sia così. Se non sfugge qualcosa, se le cose vengono fatte bene, non dovremmo avere grandi problemi se non un ulteriore monito sul fatto che la natura va maneggiata con cura. Dobbiamo moltiplicare le attenzioni sui rischi sanitari". 

In Europa il ceppo meno aggressivo del virus

Quello che sta circolando in Europa e del quale è stata ottenuta la sequenza genetica, è il ceppo meno aggressivo del virus del vaiolo delle scimmie, quello originario dell'Africa occidentale, ma resta da capire quali siano le cause di questa diffusione fuori dal continente africano, osserva il virologo Francesco Broccolo, dell'Università di Milano Bicocca. "Dal punto di vista scientifico è importante capire perché il virus si sia diffuso fuori dall'Africa, senza alcuna connessione apparente fra gli individui infetti, con casi che non sarebbero associati né a viaggi in Africa né all'importazione di animali malati", rileva l'esperto. "Dal punto di vista sanitario non c'è allarmismo - prosegue - perché al momento ci sono stati soltanto casi di malattia lieve; inoltre l'infezione è avvenuta nella fascia d'età compresa fra 20 e 50 anni e questo è indicativo perché è la fascia scoperta dal vaccino del vaiolo. Questo - aggiunge - fa supporre che il vaccino contro il vaiolo copra ancora a distanza di anni". Per Broccolo "un altro motivo di preoccupazione, ma non di allarme, è che la malattia, a differenza del Covid-19, non è asintomatica e non passa inosservata, ma è ben visibile per le vescicole su mani, piedi e viso".