Terza dose vaccino Covid: ne avremo bisogno? Ecco perché c'è chi dice Sì. E chi dice No

Dibattito caldo fra gli esperti: si studia la durata degli anticorpi contro l'infezione

Ragazze attendono dopo aver ricevuto una dose di vaccino

Ragazze attendono dopo aver ricevuto una dose di vaccino

Terza dose del vaccino anti-Covid. Dovremo farla? Oppure basteranno le due dosi finora prescritte? Una domanda a cui ancora non c'è risposta e su cui si stanno esercitando esperti e politici, con opinioni spesso discordanti fra loro. Vediamo una panoramica delle ultime opinioni in materia.

C'è chi dice no

Secondo gli specialisti della Smig, la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie, che sull'argomento terza dose hanno scritto una lettera al ministro della Salute Roberto Speranza è "prematuro" parlare ora di un'inoculazione supplementare del vaccino, in aggiunta alle due necessarie ora a completare un ciclo. 

Secondo ricerche statunitensi dei Cdc (i Centri per il controllo e la prevenzione della malattia) e dell'Acip (il Comitato consultivo sulle pratiche di immunizzazione) le dosi di vaccino (una o due) attualmente somministrate sono sufficienti a dare copertura efficace sul virus in circolazione, incluse le varianti note fino a questo momento.

Rispetto alle varianti, la protezione cala ma resta comunque elevata. Un'ipotetica terza dose al momento non è dunque prevista. Diventerà invece più probabile tra alcuni mesi, quando però presumibilmente il contesto virale sarà ulteriormente mutato. "Una  terza dose con lo stesso vaccino già utilizzato non solo non aggiungerebbe altra protezione all'organismo che già ha acquisito gli anticorpi necessari per far fronte all'infezione, ma si correrebbe il rischio che diventi del tutto inutile: gli anticorpi prodotti dalla vaccinazione infatti agiscono contro il virus originario e non contro le potenziali nuove varianti che possono apparire nel futuro prossimo", commenta Ignazio Grattagliano, coordinatore Simg Puglia.

"Dovremo continuare a monitorare ogni dettaglio, ma qualsiasi conclusione prima della fine dell'estate rischia di essere affrettata - evidenzia Claudio Cricelli, presidente Simg - Attualmente è sotto osservazione la durata dell'efficacia anticorpale e la sua risposta alle varianti: i dati disponibili sono positivi su quest'ultimo punto, mentre per i tempi si ipotizza una copertura di almeno 9-12 mesi. Solo una volta trascorso questo lasso di tempo la terza dose probabilmente diventerà necessaria. Ma a quel punto sarà un vaccino prodotto sulla base delle varianti più aggressive; si tratterà quasi di un vaccino ex novo, pronto ad agire nei confronti di un'infezione che per una buona percentuale sarà diversa dal virus originario".

Ancora più convinto pare Mario Clerici, docente di Immunologia all'università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi. "Disporre una terza dose di vaccino Covid 'di massa' - ha detto all'Adnkronos Salute - non dovrebbe essere necessario. Studi clinici indicano che l'immunità sarà long-lasting, di lunga durata. La terza dose servirà magari per pazienti immunodepressi, come per esempio i malati oncologici o i trapiantati". Sempre più dati, spiega Clerici, vanno in questa direzione. Anche quelli citati proprio in questi giorni sulla rivista Nature. "La buona notizia è che le evidenze - prosegue l'immunologo, citando l'articolo scritto da due scienziati del centro Drfz di Berlino - finora indicano che l'infezione da Sars-CoV-2 induce un'immunità a lungo termine nella maggior parte degli individui".

C'è chi dice ni

E' prematuro fare valutazioni sulla necessità di una terza dose secondo il virologo Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Medicina molecolare dell'università di Padova. Il quale, comunque, sottolinea il buon livello di protezione garantito dai preparati ora in uso. "E' ancora troppo presto per dire se una terza dose di vaccino anti-Covid sarà necessaria", puntualizza l'esperto veneto. "Il messaggio che ci arriva dallo studio su Vo'", il paese veneto dove si è registrato il primo morto italiano di Covid-19 e che è stata la prima zona rossa d'Italia, insieme ai paesi della zona di Codogno, in Lombardia, "è che, indipendentemente dalla gravità dell'infezione, tutti coloro che sono guariti hanno un livello di protezione accettabile dopo 9 mesi".

Il lavoro è uno dei tanti prodotti sulla base delle informazioni raccolte nella popolazione di Vo' Euganeo. I guariti, spiega Crisanti, "anche in presenza di contatti con persone infette non si ammalano, e il sistema immunitario è come se venisse stimolato di nuovo a produrre anticorpi. Questo aspetto va approfondito" per comprendere appieno la durata dell'immunità.

C'è chi dice sì

E' possibile che la terza dose possa essere riservata solo ad alcune categorie particolari? Medici e operatori della sanità, per esempio, fra le prime categorie a essere immunizzate, ormai alcuni mesi fa, potrebbero dover essere sottoposti presto a una nuova iniezione? E' la convinzione di Antonio Cascio, direttore dell'unità di Malattie infettive del policlinico di Palermo, secondo il quale la protezione per i primi vaccinati potrebbe essere a scadenza. Secondo lo specialista potrebbe presto porsi "il problema della possibilità che gli operatori sanitari, certamente molto più esposti a rischi di contagio, possano in qualche modo infettarsi quando la copertura vaccinale sarà più debole". E sul punto fissa anche un termine temporale. "A mio avviso - afferma - è possibile inoculare una terza dose a undici-dodici mesi dalla somministrazione della prima"

E' "pro terza dose", per così dire, anche Rino Rappuoli, direttore scientifico e responsabile di Ricerca e Sviluppo di GlaxoSmithKline (GSK) Vaccines. Intervenendo alla "Giornata del ricercatore alla Fondazione Maugeri di Pavia ha affermato che, dopo il successo ottenuto nella produzione dei vaccini, ora bisogna "riuscire a fronteggiare il pericolo delle varianti". "Per rafforzare le difese e limitare il più possibile la circolazione del virus - è la sua opinione - forse sarà necessaria una terza dose di vaccini, a distanza di 6 mesi o un anno dalle prime due".

Infine Giorgio Palù, presidente dell'Aifa, l'Azienda italiana del farmaco, ovvero il soggetto che si troverà a dare il via libera all'eventuale terza dose di antidoto. Una posizione, la sua, particolarmente rilevante nel dibattito, dato il suo ruolo. "E' presumibile sia necessaria la terza dose, dobbiamo attendere gli studi di popolazione - ha detto a Sky Tg24 - Stiamo vaccinando milioni di persone. Sappiamo che la persistenza degli anticorpi, ma lo sapevamo già dagli anni '90 quando si studiava nei volontari la durata dell'immunità nei confronti dei coronavirus, puo' durare anche due o tre anni, cioé un soggetto che ha acquisito l'infezione può resistere allo stesso virus per circa due anni: quindi è una memoria che dura".