Bocconi, il rettore Francesco Billari: "Università più femminile e internazionale"

L'intervista al numero uno della prestigiosa università: "Milano attrae e noi diamo un contributo. Non solo finanza, siamo hub delle scienze sociali"

Francesco Billari

Francesco Billari

Milano, 17 novembre 2022 - "Stiamo esplorando la creazione di un nuovo dipartimento: Scienze cognitive. Per chiudere i petali della rosa Bocconi": è una delle prime sfide di Francesco Billari, dal primo novembre al timone dell’ateneo. Cinquantadue anni, laureato in Economia politica alla Bocconi, dove è tornato dopo esperienze oltre confine, da Berlino a Oxford, è docente di Demografia e padre di cinque figli.

Primo atto da rettore?

"La nomina della squadra. C’è stato rinnovamento. È bello vedere la disponibilità di tutti. C’è entusiasmo e il programma è ambizioso".

Squadra molto al femminile: sei su 11 sono donne. E già al suo rientro in Bocconi il primo progetto era finalizzato ad abbattere il tetto di cristallo...

"Sì. Avevamo istituito il CarDev per lo sviluppo della carriera. L’obiettivo è far riprendere il ritmo della ricerca a chi ha momenti di difficoltà o di particolare presa di cura. Come ultimo atto da prorettore ci sono state due promozioni di colleghe che erano state anche assegnatarie del CarDev. Nella squadra c’è questa attenzione, non per una questione di mere quote. Nella percentuale di professori non abbiamo ancora il fifty-fifty, nella squadra rettorale sì: abbiamo trovato le persone giuste nel posto giusto. La diversità è leva per l’innovazione".

Le università milanesi stanno dando segnali in tal senso: come ha letto l’elezione della prima rettrice del Politecnico?

"Con orgoglio. Giovanna Iannantuoni, rettrice della Bicocca, si è laureata in Economia alla Bocconi, Donatella Sciuto è una nostra alumna. Tifiamo per loro e intanto facciamo la nostra parte con azioni. Abbiamo creato il ruolo di prorettrice alla diversità, all’inclusione e alla sostenibilità. Sosteniamo le studentesse con borse di studio, incentivandole a esplorare i corsi Stem".

Come cambiano gli studenti?

"Sono sempre più internazionali e più attenti al tema della sostenibilità. Ci pungolano. Quando studiavo io, nell’89, Bocconi era molto lombarda e milanese, c’erano tanti pendolari. Oggi il campus vive".

Nella composizione degli studenti si sente l’onda di Brexit?

"Dopo gli italiani, nel triennio i Paesi più rappresentati sono Francia e Turchia. Nel biennio Cina e Germania. Brexit pesa, anche culturalmente. Milano attrae. Un vantaggio che abbiamo dalla città, alla quale abbiamo dato il nostro contributo. È cambiato il quartiere. E ci saranno sviluppi col villaggio Olimpico".

Altri cantieri in vista? I posti letto sono sufficienti?

"Ne abbiamo duemila e il privato investe sull’area. Ne servono sempre di più, vale anche per gli spazi. Non ci sono espansioni su altre aree ma, usando una metafora milanese, Bocconi è come la Fabbrica del Duomo: mai ferma".

Com’è cambiata la percezione dell’ateneo, in termini di “esclusività“? Si fa scouting di talenti in una città “cara“?

"Uno studente su quattro è sostenuto da borse di studio, spesso è compreso l’alloggio, che in città è l’ostacolo più grande. Però l’immaginario di Bocconi come posto ’solo per ricchi’ era sbagliato 50 anni fa e sin dalla fondazione. È nata grazie all’opera di un benefattore. Per permettere di accedere a borse di studio, qualcuno contribuisce con rette e, per fare la differenza, abbiamo bisogno della comunità".

Dopo Roma esporterete altrove il brand Bocconi?

"Ci saranno progetti di vicinanza all’Europa, ma non andremo ad aprire altre sedi. Anche per la School of Management questo è il campus. Milano è un magnete".

Due anni fa sembrava naturale la dispersione dal luogo fisico...

"Non è mai stato quello il modello. Il confronto è fondamentale, ma useremo la tecnologia quando serve. E incoraggiamo la sperimentazione: ogni anno premiamo più di venti docenti che innovano la didattica".

Sul fronte della sicurezza del campus, ci sono novità?

"Il campus, sempre aperto, è un presidio per il territorio, avere servizi di accompagnamento rassicura famiglie e studenti".

L’eredità più grande ricevuta dall’ex rettore Verona?

"Al di là dell’amicizia, lo spirito di innovazione continua. E continueremo in questa direzione: avere per la prima volta una prorettrice internazionale, Catherine De Vries, all’internazionalità è importante. Il nostro è un grande ateneo di Scienze sociali, ci manca un petalo: Scienze cognitive. È nel mandato. Un’innovazione che mi piace condividere".