Tragedia funivia, "Tadini non poteva non sapere"

Il gestore del servizio ha ammesso le proprie responsabilità sui freni. Ma sulla fune spezzata c'è ancora da far luce

La funivia distrutta costata la vita a 14 persone

La funivia distrutta costata la vita a 14 persone

Sresa (Verbano-Cusio-Ossola), 1 giugno 2021 - Una fune che si spezza e freni che non intervengono. Due fatti. Uno figlio di un errore umano e l’altro invece su cui ancora c’è da far luce. A una settimana dalla tragedia della funivia Stresa-Mottarone è ormai chiaro che ci sono due concause alla base del disastro che ha portato alla morte di 14 persone.

Sul secondo c’è già una risposta chiara e inequivocabile: i freni non hanno funzionato perché disattivati dal responsabile dell’impianto, stanco dei continui e ripetuti blocchi all’impianto dovuto a un malfunzionamento dei freni. Dagli interrogatori è emerso che la stessa mattina della tragedia Tadini avesse chiamato per ben tre volte l’assistenza segnalando i continui disservizi all’impianto frenante.

E’ stato lo stesso Gabriele Tadini ad aver ammesso davanti al giudice le proprie responsabilità: ha applicato i “forchettoni” che di fatto hanno messo fuori gioco l’impianto frenante. Questo fa di lui il principale indagato dell’intera inchiesta. Naturalmente si dovrà capire perché abbia preso quella “scellerata decisione”. “Era preoccupato che la cabina si potesse fermare a metà – spiega il difensore, l’avvocato Marcello Perillo – senza la possibilità dell’intervento del vetturino che non esiste su quella funivia”.

Si dovrà capire anche se gli altri due indagati  - Luigi Nerini, il proprietario delle Ferrovie del Mottarone  ed Enrico Perocchio, il direttore dell’esercizio – fossero a conoscenza di quella decisione come sostiene lo stesso Tadini. Il direttore dell’impianto Stresa-Mottarone sostiene di averlo “comunicato” a Nerini e Perocchio ma non ci sono riscontri oggettivi - documenti, mail o fax – né tantomeno la circostanza è confermata da altri testimoni (leggi dipendenti della funivia). Proprio per questo il Gip ha ritenuto di concedere loro la libertà.

Il quadro probatorio nei confronti di Tadini però non cambierà nella sostanza, come peraltro ha ricordato il legale del direttore della funivia: “Come Schettino non poteva non sapere quello che succedeva in funivia. La colpa c’è ed è lì da vedere”, ha spiegato ieri l’avvocato Marcello Perillo facendo un parallelo con la tragedia della Costa Concordia.

Errore umano, chiaro ed evidente. Di più: ammesso. Ma la fune? Perché si è spezzata? “Questa è la causa “madre” della tragedia e i freni sono per così dire la causa “figlia””, spiega ancora l’avvocato Perillo che già nella giornata odierna potrebbe depositare la propria lista di consulenti incaricati di chiarire perché quella fune ha ceduto. Insieme ai periti dell’accusa e quelli nominati dal tribunale a quegli accertamenti tecnici che dovranno far luce sul disastro