Tragedia del Mottarone, la versione di Tadini: "Mi dissero: arrangiati. E io andai avanti"

Il capo servizio dell’impianto della funivia del Mottarone ricostruisce a verbale ogni dettaglio della mattina di domenica 23 maggio

Gabriele Tadini esce dal carcere per andare ai domiciliari

Gabriele Tadini esce dal carcere per andare ai domiciliari

Stresa - Tadini capro espiatorio dei tre indagati? Di certo lui non ci sta. E comincia a raccontare la propria versione dei fatti. “Nessuno mi ha detto di andare avanti con il sistema frenante disattivato, ma mi hanno detto: comunque vai avanti”. Gabriele Tadini, il capo servizio dell’impianto della funivia del Mottarone ricostruisce a verbale ogni dettaglio della mattina di domenica 23 maggio quando la cabina numero 3 precipita e muoiono 14 turisti. Un incidente dovuto alla rottura della fune traente, per cause ancora da accertare, e per il blocco volontario del sistema frenante di emergenza che fa precipitare la cabina.

L'assistenza chiamata 3 volte

Anche la mattina dell’incidente il sistema i problemi che per ben due volte costringono Tadini a chiamare la manutenzione che interviene ma non risolve in modo definitivo il guasto. “Sostanzialmente in 20 giorni ho chiamato tre volte l’assistenza. A Perocchio (direttore di esercizio e dipendente della Leitner che si occupa della manutenzione) ho detto che andavo avanti con i forchettoni e lui non mi ha risposto.  Poteva immaginarlo che sarei andato avanti senza sistema di emergenza. Ho detto a Nerini (gestore dell’impianto) al telefono che mettevo i ceppi. Tre volte gliel’ho detto”.

Il terzo check frenato dal maltempo

Quel “tutti sapevano“ troppo generico e poco approfondito, insieme alle dichiarazioni dei dipendenti che smentiscono Tadini, rendono insufficienti le accuse contro Perocchio e Nerini per i quali il giudice non ha convalidato il fermo. “In occasione dell’ultima richiesta di assistenza sapevano che avrei rischiato di chiudere”, dice Tadini che confessa di aver utilizzato i forchettoni in modo quasi abituale nell’ultimo mese.  Il terzo intervento di manutenzione era in programma prima del disastro “Tuttavia, causa maltempo, l’intervento era stato posticipato, e non era mai stato effettuato perché si era verificato il tragico evento”, conclude Tadini, ora ai domiciliari nella sua abitazione in provincia di Novara.  

La Procura: "Ma non finisce qui"

Risulta intanto significativa la frase “Non finisce qui“, pronunciata da Olimpia Bossi, procuratore della Repubblica di Verbania la scorsa notte dopo la decisione del gip Donatella Banti Bonamici che ha di fatto ribaltato le scelte dei magistrati inquirenti, mandando liberi Luigi Nerini, gestore dell’impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio, con l’annullamento della misura cautelare, e ponendo invece agli arresti domiciliari Gabriele Tadini, Una frase che indica con chiarezza  l’atteggiamento della procura dopo la battuta d’arresto subita nell’udienza di convalida dei fermi. “Questo - ha detto Bossi - non cambia nulla rispetto alla nostra volonta’ di accertare pienamente tutte le responsabilita’ di coloro che hanno contribuito a causare questo tremendo incidente”.

Le nuove indagini in programma

 Sulla possibilità che altre persone possano essere iscritte al registro degli indagati, il pm ha sottolineato come siano in programma “una serie di attivita’ di indagine programmate che continueremo” e che “da lunedi’ si andro’ avanti a cominciare dagli accertamenti tecnici a cui abbiamo solo dato avvio con il primo sopralluogo del nostro consulente”. E spunta la testimonianza di un operaio della funivia.  "Secondo la mia esperienza per la velocità della vettura durante la fase di rientro, un solo freno avrebbe potuto fermare la vettura…". Parole che un dipendente delle Ferrovie Mottarone, la società che gestisce l'impianto, ha pronunciato davanti ai carabinieri di Stresa che cercano di ricostruire la dinamica della tragedia. La deposizione è inserita nel provvedimento con cui il giudice di Verbania ha rimesso in libertà due dei tre indagati,