Il sous chef Simone Tascone: “La birra come filo conduttore di un piatto”

Un carnet di esperienze notevoli per la sua giovane età, ora lavora al ristorante 'Koinè' di Legnano ed è uno dei dieci finalisti del Premio Birra Moretti Grand Cru

Simone Tascone, sous chef al 'Koinè' di Legnano

Simone Tascone, sous chef al 'Koinè' di Legnano

Milano, 18 ottobre 2017 - Simone Tascone, sous chef del ristorante 'Koinè' di Legnano, in provincia di Milano, è uno dei dieci chef emergenti che, il prossimo 6 novembre a Milano, si sfideranno nella settima edizione del Premio Birra Moretti Grand Cru, la più importane piattaforma di talent scouting italiana per chef under 35, promosso da Fondazione Birra Moretti e realizzato in collaborazione con Identità GoloseClasse 1992, ha un carnet di esperienze lavorative notevoli per la sua giovane età. A partire dall’Hilton Milano nella stagione estiva a soli 20 anni, fino allo stage di 3 mesi presso La Pergola dello chef 3 stelle Michelin Heinz Beck e, infine, i suoi due anni presso l’Hibiscus Restaurant di Londra (2 stelle Michelin). Oggi, Simone lavora nel locale di Alberto Buratti.

Quando e dove è iniziata la sua passione per la cucina?

“Mi sono appassionato per caso, fin da subito. A casa, quando ero alle medie, aiutavo mia mamma e mia nonna a cucinare e quando è arrivato il momento di scegliere la scuola superiore, loro mi hanno consigliato l'Istituto alberghiero, dato che io non sapevo bene cosa scegliere. Mi hanno fatto rendere conto che tutto sommato mi piaceva cucinare. E poi i napoletani tengono tanto al cibo”.

Quindi ha fatto studi mirati?

“Sì, ma non ero convintissimo. C’era troppa teoria e poca pratica. Infatti non è stata la scuola a farmi innamorare di questo lavoro quanto le prime esperienze sul campo”.

Le esperienze o i maestri che le hanno trasmesso di più?

“Un po’ tutto quello che ho fatto terminata la scuola. Al giorno d'oggi l'influenza è globale, anche solo aprendo Facebook si leggono cose nuove e si vede tutto quello che succede nel mondo in tempo reale. Però non è l'informazione che ti insegna a lavorare. Non è Facebook che ti forma sull'ordine e sulla pulizia. Nell'ambito lavorativo alla Pergola e da Hibiscus ho imparato l'ordine e la disciplina, l'importanza della pulizia e del "fare bene" le cose”.

Prima Roma e poi Londra, è stata dura all’estero?

“Sono partito per l’Inghilterra perché me lo aveva chiesto mio fratello gemello, che viveva a Londra. Ho subito cercato un ostello e ho pensato di propormi all’Hibiscus, un ristorante che mi interessava e seguivo su internet. E’ stata una grande soddisfazione essere preso, sono stati due anni importantissimi per la mia formazione, anche se per nulla facili, soprattutto all’inizio”.

Difficoltà con l’inglese?

“Sì, abbastanza. Non parlavo bene inglese e al ristorante ero l’unico italiano. Però, uno chef mi ha preso a cuore e mi ha aiutato molto. Se non sai parlare, non puoi comunicare e non potevo permettermelo”.

Ora lei è sous chef, di cosa si occupa al Koinè?

“Ora mi sto occupando dei primi, ma faccio tutto. Ad esempio, quando lo chef vuole provare a creare qualcosa di nuovo, lui decide il tipo di piatto ed io, insieme agli altri della brigata, ci mettiamo al lavoro. Poi, ovviamente, assaggia lui e giudica, dando consigli e correzioni”.

Cosa preferisce fare in cucina?

“Tutto. Non mi piace concentrarmi su qualcosa. Vorrei girare tutte le partite per diventare un cuoco completo”.

Perché ha scelto di partecipare al Premio Birra Moretti Grand Cru 2017?

“In tutta la mia via non ho mai partecipato a un concorso, neppure da bambino. Ma quando mi sono imbattuto in questo Premio, ne sono rimasto piuttosto attratto e, dopo anni che lo seguivo, ho chiesto al mio chef se potevo partecipare. Non pensavo che sarei potuto arrivare in finale”.

Che piatto presenta?

“Insalata di mare”.

Può descriverlo?

“E’ nato per caso la scorsa estate. L’insalata di mare è un piatto ideale quando fa caldo, ma volevo renderlo diverso dal solito. Il pensiero è quello di prendere un piatto alle volte reso banale e dargli un "vestito" gourmet, unendo ingredienti principalmente di terra e di mare: erbe, insalatina, elementi di mare crudi, cotti e fritti. E la birra è un ottimo filo conduttore per unire tutto questo. Una dell'estate appena finita e dell’inizio dell’autunno”.

Aveva già cucinato utilizzando la birra?

“Sì, da quando sono al Koinè l'ho utilizzata per uno due piatti a base di carne. E’ un ingrediente interessante, ma non piace a tutti”.

La sua filosofia ai fornelli?

“Sono ancora un po' troppo giovane per avere una filosofia ben definita. Posso però dire che apprezzo il km0. In futuro mi piacerebbe avere un orto, dove poter coltivare i prodotti che poi utilizzo in cucina”.

Tre aggettivi per definire la sua cucina?

“Istintiva perché cucino molti piatti d’istinto. Ma anche ‘del ricordo’ perché ci sono influenze della mia infanzia. E ‘del gusto’, perché deve essere buona e in grado di valorizzare i diversi ingredienti”.

Cosa ricorda di più della sua infanzia in cucina?

“Come ho detto prima, sono cresciuto vedendo mamma e nonna cucinare. Siamo una famiglia numerosa e di pentole e piatti se ne vedevano sempre tanti. La domenica c’era il rito dell’arrosto. Ma la pasta al sugo non mancava mai”.

Se Simone Tascone fosse un piatto?

“La parmigiana di melanzane”

Obiettivi futuri?

“Tra qualche mese andrò all’estero, probabilmente in Francia. Poi vorrei girare anche altri paesi europei, ma anche andare in Asia e in America. Un modo per conoscere altre culture e cucine. Vorrei ampliare al massimo le mie conoscenze per poter essere uno chef completo”.