L’Italia sta affrontando la peggiore siccità degli ultimi 20 anni

A causa del riscaldamento globale e della mancanza di piogge, il Po è vicino ai minimi storici e sono a rischio metà dei raccolti agricoli

Il letto di un fiume in secca

Il letto di un fiume in secca

Piove poco, pochissimo. Le temperature aumentano, i letti dei fiumi si svuotano e il terreno è sempre più secco. I raccolti bruciano per la siccità o rischiano di essere mangiati dagli insetti infestanti perché senz’acqua, pesticidi e fertilizzanti funzionano male. Il caldo estremo fa impennare le temperature delle fattorie, dove le mucche arse di calore producono meno latte. Tutto il ciclo naturale che tiene in piedi la produzione agricola è in crisi. Gli agricoltori italiani razionano le riserve idriche e guardano disperati la terra e il cielo.

È questo il volto della peggiore siccità degli ultimi 20 anni.

“Abbiamo bisogno di acqua, subito, 24 ore su 24”, chiedono disperati i coltivatori piemontesi della Coldiretti, la principale Organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale.Questo è un’emergenza climatica che si prefigura addirittura peggiore di quella del 2003 che ha decimato le produzioni agricole nazionali. Per questo chiediamo maggiore flessibilità e la deroga straordinaria al deflusso minimo vitale per evitare di perdere alcune delle colture fondamentali. Non possiamo aspettare la burocrazia”. Il comune di Milano, sabato, ha deciso di usare l’acqua della Darsena per irrigare i campi a sud della città.

Il livello del Po, il fiume padre del nord Italia, non è così basso da 70 anni. È talmente basso che il Mar Adriatico è risalito in pianura per venti chilometri dalla costa. Metà di tutta la produzione agricola della Pianura Padana è a rischio.

“È urgente – afferma Coldiretti – che i gestori dei bacini idrici montani ad uso idroelettrico consentano il rilascio di una maggiore quantità d’acqua per l’intero arco della giornata”. La soluzione, insomma, sarebbe aprire le dighe, ma proprio ora il Paese deve affrontare la pesantissima crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina e togliere l’afflusso delle centrali idroelettriche vuol dire incidere ancora di più sul costo dell’elettricità.

In tutto questo, manca anche il foraggio per gli animali, perché l’assenza di precipitazioni ha tagliato un terzo delle rese, in alcuni casi si sono registrati cali fino al 50 per cento. Ed oltre al foraggio, c’è il caldo in sé. Per le mucche il clima ideale è fra i 22 e i 24 gradi, oltre questo limite gli animali mangiano poco e bevono molto – fino a 140 litri al giorno – e così producono meno latte, la cui produzione è già calata del 10 per cento. L’unica soluzione è azionare ventilatori e doccette refrigeranti per aiutare le bestie, ma questo ha dei costi. Perché al calo delle produzioni di latte, si aggiungono i maggiori consumi di energia ed acqua, che in questo momento sono costosi e carenti.

Da ogni parte, ad ogni livello, si chiede al Governo di dichiarare lo stato di calamità. Questa misura permetterebbe di snellire i processi burocratici e dispiegare risorse finanziarie eccezionali destinate a interventi d’emergenza. Cosa che potrebbe succede a breve, date che sabato il ministro alle Politiche agricole Stefano Patuanelli, ha dichiarato che è “inevitabile decretare uno stato di crisi rispetto al tema della siccità. Abbiamo intere aree del Paese ed europee che non vedono pioggia da mesi”.

Ma il Governo non può far piovere e se cerchiamo un colpevole non c’è da leggere i rapporti che la comunità scientifica internazionale ha pubblicato negli ultimi vent’anni. Il riscaldamento globale causato dalle emissioni umane di CO2 e altri gas serra sta provocando un aumento esponenziale di eventi climatici estremi come siccità, cicloni, incendi e violente nevicate. In Italia, secondo un rapporto di Legambiente, nel 2021 se ne sono verificati 1.118, quasi dieci volte tanti rispetto a quelli registrati un decennio fa.

Come ha detto il sindaco di Milano, Beppe Sala, nell’approvare l’uso dell’acqua della Darsena per i terreni agricoli, “gli effetti dei cambiamenti climatici non li vediamo più solo nei documentari. Sono nella nostra vita”.