Siccità Lombardia allarme: "La regione perderà il 30% d’acqua"

Giornata mondiale della meteorologia. Gli esperti di clima: entro fine secolo a rischio il rifornimento delle falde

Il Po in secca

Il Po in secca

Nell’ultimo decennio la Lombardia ha perso acqua e conquistato gradi. È mediamente più secca e più calda stando ai dati pubblicati ieri dall’Istat in occasione della Giornata mondiale della meteorologia, celebrata il 23 marzo (dopo quelle delle foreste e dell’acqua) in tutto il mondo per ricordare la nascita dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), un istituto specializzato dell’Onu con sede a Ginevra. Il 2010 e il 2020 rappresentano non solo l’inizio e la fine dell’ultimo decennio ma anche due estremi all’interno del panorama climatico. Annate profondamente diverse - dicono gli esperti di meteorologia - da non comparare tra loro per calcolare una media.

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Le previsioni, però, non sono affatto buone per la regione: "Entro la fine del secolo perderemo il 30% d’acqua in Lombardia" dichiara Giacomo Gerosa, professore di fisica dell’atmosfera all’Università Cattolica nella sede di Brescia. Lo dice l’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico formato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite, l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente per studiare il riscaldamento globale. "Pioverà meno e in modo non uniforme – spiega Gerosa –. Ci saranno poche precipitazioni nei mesi centrali dell’anno, mentre saranno concentrate in autunno quando l’acqua non serve per le colture. Aumenterà così il rischio idrogeologico". Il decennio 2010-2020 si è chiuso con un calo diffuso delle precipitazioni. Gli accumuli d’acqua registrati nel 2020 sono inferiori rispetto al valore medio 2006-2015 con solo tre eccezioni: Bergamo, Brescia e Lecco. Mantova (-375,8 millimetri) e Varese (-372,5) al contrario sono i capoluoghi che hanno perso più pioggia.

"Bisognerà conservare più acqua, cambiare strategie per l’irrigazione delle colture e soprattutto evitare sprechi – sottolinea il professor Gerosa –. Chi soffrirà di più di questo fenomeno sarà l’agricoltura. Non tanto adesso, ma quando le falde sotterranee non saranno più alimentate. Le previsioni parlano di uno scenario possibile a fine secolo: le falde acquifere si ricaricano con l’acqua proveniente dalle montagne. E se non ci sono precipitazioni ci pensa lo scioglimento dei ghiacciai. È come un conto corrente che stiamo prosciugando: continuando così non è escluso che dovremo cambiare coltivazioni, passando a tipologie che richiedano poca acqua".