Una generazione di giovani traditi dalla scuola

L'intervista alla docente Lorella Carimali nella lista dei "prof da Nobel"

La professoressa Carimali

La professoressa Carimali

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Milano - Una scuola a due velocità. A volte anche a tre. "Il tema non è tanto quello delle eventuali ore perse, anche perché la scuola non ha mai chiuso grazie alla didattica a distanza, quanto il come è stato gestito il processo. Si è fatto poco per salvaguardare le persone e i territori più fragili". Lorella Carimali, docente di Matematica e Fisica del liceo scientifico Vittorio Veneto di Milano, già nella lista dei 50 prof da Nobel per il “Global Teacher Prize“, era al lavoro come volontaria nella commissione Bianchi (l’attuale ministro, ndr) per il rilancio della scuola. Settantaquattro giorni di istruzione persi in media da settembre a oggi in tutto il mondo, dice Save The Children. E in Lombardia? "Non c’è stato un mese senza scuola, la didattica a distanza anche alle superiori è cominciata per tutti e tutte. Ma certo questa situazione ha fatto emergere disuguaglianze economiche e povertà educative e sociali che già c’erano e sono state acuite. Abbiamo scuole con microfoni, lim e pc in aula e scuole che hanno reti che non reggono. Così come ci sono studenti senza mezzi informatici. La scuola non è più ascensore sociale e questa è la prima generazione che “scende“ di un piano". E adesso tutti in Dad, dalla scuola dell’infanzia in su. Come non perder tempo prezioso anche alle primarie? "Abbiamo lasciato sfuggire la curva, per riaprire servono vaccinazione a tappeto e screening. Nel frattempo anche per i più piccoli è importante salvaguardare il gruppo classe come comunità, far emergere eventuali ansie e paure per affrontarle insieme; trasformare la casa in laboratorio e lo schermo in un laboratorio collettivo. Non pensare tanto al programma e alla quantità, ma alla qualità e ad attività che rendano i bambini e le bambine protagonisti dell’apprendimento insieme agli altri". Secondo l’ultima indagine di “A Scuola!“ più di un terzo dei ragazzi di medie e superiori dice che da settembre almeno un compagno ha smesso di collegarsi... "Il problema della dispersione scolastica c’era già. Certo trovarsi soli in una stanzetta non aiuta. Ma so anche di alcune aree fragili in cui i genitori non mandano i ragazzi a scuola perché hanno paura si ammalino e, in una situazione economica già difficile, non possono “permettersi“ quarantene. Non ha senso fare battaglie tra presenza e Dad, anche avere metà classe in aula e metà a casa è spesso un danno: presuppongono due modalità di apprendimento diverso, due strategie diverse. Bisogna rimettere al centro davvero la scuola: è questa la priorità". Laboratori nei tecnici e nei professionali “spariti“: il 90% dice di non aver partecipato nonostante facciano parte del programma e fossero fra i pochi spiragli di presenza. "Servono risorse strumentali e umane. È riuscito a garantirli chi aveva magari l’organico potenziato, ma se gli insegnanti devono seguire la classe in Dad in quelle stesse ore come si fa? Non dimentichiamoci che l’anno in Lombardia è partito senza insegnanti di ruolo e con la ricerca di supplenti, che mancano soprattutto nei professionali. È un sistema che ha sempre privilegiato i licei e che va cambiato. I tecnici e professionali sono fondamentali e vanno rilanciati valorizzando il loro approccio alla conoscenza che parte dal fare per arrivare all’astrazione". A scuola questa estate? "Credo che la decisione debba essere delegata alle singole scuole, sanno chi si è “disconnesso“, chi ha fragilità. Serve un recupero non contenutistico ma cognitivo e motivazionale. Penso per esempio alle learning week, si può recuperare matematica col teatro, si può capire la fisica in barca a vela. Si possono usare metodologie altre e professionisti altri e si potrebbero mettere insieme più scuole. Ci sono studenti e studentesse bravissime che necessitano di un recupero della socialità". E per settembre? È già tardi? "Bisogna lavorare da subito sugli spazi e col territorio, partendo da una ricognizione dei bisogni. Non lavorando “a muzzo“ come dicono i miei studenti" .