Sant'Antonio Abate 17 gennaio: le tradizioni dagli animali benedetti al Befanone

L'eremita egiziano è una delle figure alle quali i cattolici lombardi e italiani guardano con maggiore affetto

Sant'Antonio Abate circondato dagli animali (internet)

Sant'Antonio Abate circondato dagli animali (internet)

Sant'Antonio Abate, un figura per la quale in Lombardia e in diverse zone d'Italia esiste una devozione antica e radicata. L'affetto e la popolarità del Santo, considerato il protettore di numerose categorie legate agli antichi mestieri, ha portato al proliferare di tradizioni e iniziative, a partire dai falò che vengono organizzate in varie province lombarde, soprattutto nella fascia pedemontana, nei giorni intorno al 17 gennaio. Fantocci e pire a cui dare fuoco in segno di "saluto" anticipato all'inverno e con l'obiettivo di affidare al vento desideri e auspici (inizialmente quello di un buon raccolto) non sono comunque gli unici riti tipici della ricorrenza.

Le tradizioni

Detto dei fuochi, impossibile non citare anche la benedizione degli animali domestici, dei quali il santo è considerato il protettore. Un abbraccio fra genere umano e i suoi migliori amici che, quasi sempre, è celebrato la mattina dopo il falò. Inizialmente diffuso maggiormente nelle campagne, l'usanza si è presto estesa ai contesti urbani, data la presenza sempre più consistente di cani, gatti e altri animali d'affezione nelle nostre abitazioni.

Spazio anche per la gola, come succede spesso in occasione di feste e manifestazioni religiose. In tutta la Lombardia si prepara una ricetta dal nome di tortelli o frittelle di sant’Antonio, a seconda della zona: si tratta di sfere di pastella fritte e zuccherate, molto simili ai tortelli di Carnevale. Va ricordato, a questo proposito, che l'Abate è protettore anche di panettieri e fornai (oltre che delle donne in cerca di marito).

L'ordine antoniano

L'ordine antoniano nasce in corrispondenza della ripresa del culto del Santo, intorno al XII secolo. I frati antoniani seguono la regola agostiniana, dedicandosi in particolare all'assistenza degli infermi. Sono soliti accompagnarsi a dei maiali, il cui grasso utilizzavano per preparare unguenti necessari ad alleviare i dolori dei malati di herpes zoster, una delle patologie più diffuse all'epoca, nota nel linguaggio comune appunto come Fuoco di Sant'Antonio. Anche per questo in alcune zone della Lombardia Sant'Antonio è noto come "Sant'Antonio dul purscel" (Sant'Antonio del porcello). 

I suini affidati ai frati erano soliti scorrazzare liberamente per campi e aie, spesso distinguibili per un campanello al collo, a segnalare la loro necessità di tutela. Epperò nel 1272 il podestà di Milano emanò un decreto che vietava agli animali di circolare nell'area del Broletto, segno che la loro presenza non era a tutti gradita. 

Il Befanone

E' invece diffusa quasi esclusivamente in Emilia la tradizione del cosiddetto Befanone, parente "povero" della Befana rappresentato nell'iconografia folkloristica come un "vecchione" simile al Santo. Porta regali più "economici" rispetto alla vecchina in arrivo il 6 gennaio: questo perché, solitamente, i doni del Befanone erano competenza dei nonni, meno "danarosi" di mamma e papà (ma oggi può non essere così...).