Il Green Pass agli occhi di un classicista: l'Italia divisa tra sommersi e salvati

Massimo Cazzulo, studioso di cultura classica e docente al liceo Tito Livio di Milano, mette l'obbligo vaccinale alla prova dell'esame socratico

Giudizio Universale, affresco di Michelangelo della Cappella Sistina, dettaglio

Giudizio Universale, affresco di Michelangelo della Cappella Sistina, dettaglio

Manca sempre meno alla prima campanella dell’anno e l’obbligo di green pass per tutti i professori e maestri d’Italia continua a far discutere: «E qui, se posso permettermi, qualche colpa voi giornalisti l’avete» bacchetta Massimo Cazzulo, classicista e docente di greco e latino del liceo Tito Livio di Milano: «Chi ha espresso dubbi sull’efficacia della vaccinazione e del green pass è stato subito tacciato come no-vax e quindi nazifascista: io non sono né l’uno né l’altro, ma da cittadino non sono d’accordo con un green pass di questo tipo». Così il professore inizia a raccontare cosa è stata la scuola negli ultimi 18 mesi tra didattica a distanza e obbligo vaccinale.

Professor Cazzulo, il nuovo anno scolastico è ormai alle porte. Pensa sia possibile parlare di una ripresa in presenza in sicurezza? L’apertura in presenza è fondamentale, però è difficile sbilanciarsi: anche un anno fa, pur senza vaccini, fino a ottobre sembrava andare tutto bene e poi a novembre hanno chiuso tutto. Oggi tanto dipenderà dagli spazi, che purtroppo sono pochi. Ci sarebbe una soluzione semplice, il classico "uovo di Colombo": visto che le aule non si possono ingrandire, si dovrebbe diminuire il numero degli alunni per garantire le distanze di sicurezza. Il problema è che questa soluzione è molto, forse troppo, costosa per la scuola e lo Stato.

In base alla sua esperienza, come valuta questi mesi di Dad? Premetto che io posso parlare della situazione di un liceo classico del centro di Milano, dove bene o male tutti avevano una connessione adeguata e gli strumenti necessari. Detto questo, molto dipende dalle materie: nel mio caso funziona per l’insegnamento della letteratura, meno per le traduzioni. Poi dipende dal singolo studente: c’è chi ha continuato a studiare con impegno e chi ha approfittato della situazione per adagiarsi nella neghittosità. Un punto acquisito è, che dopo questa esperienza, molte chiacchiere sul futuro "tutto tecnologico" dell’insegnamento scolastico saranno ridimensionate.

E dal punto di vista dell’insegnante? In certi casi l’ho trovata alienante. È molto difficile rapportarsi con "francobolli" su uno schermo, a volte sembra di parlare con un muro. Manca il linguaggio del corpo. Se non vedo lo studente negli occhi è difficile valutare se abbia capito o meno. E poi manca il momento dello scherzo, della battuta, durante la lezione. Paradossalmente, io come altri colleghi, non sono mai arrivato così avanti con il programma. Quanto però gli studenti abbiano recepito è tutt’altro discorso. Ci vorrà tempo per riparare tutti i danni lasciati da questi ultimi 18 mesi.

Cosa pensa invece dell’obbligo vaccinale per i docenti?

Come cittadino e, soprattutto, come dipendente pubblico, la questione non è essere favorevoli o contrari. Questo è stato imposto e quindi questo si fa. Se invece si chiede il mio parere da cittadino che rispetta le leggi ma può anche discuterle, non sono favorevole a un green pass di questo tipo. Innanzitutto, c’è una contraddizione in termini: sei obbligato ad avere un certificato per ottenere il quale devi fare una cosa che non sei obbligato a fare. La vaccinazione non è obbligatoria però il green pass sì. Se deve esserci un green pass, allora valga per tutti. Inoltre questo passaporto vaccinale ha creato, fuori dalla scuola, una spaccatura in un Paese già profondamente diviso: sostenitori e contrari, bravi e cattivi cittadini, salvati e sommersi, salvati e dannati.  Ma i vaccini sono approvati e consigliati dalla scienza. Non è un problema di non credere nella scienza ma, come dice Karl Popper, c’è un paradigma falsificabile: la scienza non è verità assoluta sempre, farmaci che trent’anni fa erano considerati come la panacea sono stati ritirati dal mercato. Perché allora, nello stesso edificio, devi mettere un obbligo per alcune persone e per altre no? È chiaro l’intento di spingere le persone a vaccinarsi. Ma ci voleva coerenza: vacciniamoci tutti.