Covid, la ripartenza dimezzata della scuola. I presidi: "Rischiamo 200mila classi in dad"

In alcuni istituti le assenze tra insegnanti e studenti hanno raggiunto il 20 per cento. Nove alunni su dieci vorrebbero tornare alla dad. Il ministro Bianchi: "Aveva senso riaprire"

Una classe rientrata oggi nell'Istituto Pio IX Aventino di Roma

Una classe rientrata oggi nell'Istituto Pio IX Aventino di Roma

La riapertura delle scuole si è svolta tra proteste e numerose assenze da parte di docenti e studenti positivi, che in alcuni istituti toccano il 20 per cento. Presidi e insegnanti criticano da giorni le scelte del Governo e si aspettano un’impennata di classi in quarantena nei prossimi giorni. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha risposto che “aveva senso riaprire la scuola” e che “sono rientrati la maggior parte degli studenti e dei professori”. In Campania e Sardegna gli studenti hanno protestato in piazza contro la riapertura: “Noi vogliamo andare a scuola, ma in sicurezza”.

Al momento, alle scuole non sono fornite mascherine FFP2 benché prescritte in altri luoghi chiusi (sono obbligatorie sono se ci sono casi positivi in classe). In questi giorni, ci sono stati anche diversi tagli di corse nei trasporti pubblici locali e ferroviari, che hanno affollato i mezzi.

Un sondaggio online condotto su oltre 325mila studenti ha rivelato che il 92 per cento di loro preferirebbe mantenere la didattica a distanza fino a fine gennaio. La studentessa che ha lanciato il sondaggio, Martina Toma, ha detto che “a fare paura è anche il rischio di portare il Covid a casa. Sappiamo quanto sia pericoloso prendere un pullman brulicante di sconosciuti”.

Il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, aveva chiesto di ritardare la riapertura di almeno due settimane per aumentare la copertura vaccinale delle fasce di studenti più giovani. Entro una settimana, ha detto, si aspetta 200mila classi in didattica a distanza. “Quello che il governo non ha voluto fare lo farà la pandemia”.

“Sono certo che un po' ovunque la situazione sarà la stessa: tante classi incomplete, insegnanti positivi o in quarantena e la nostra difficoltà nel trovare dei rimpiazzi”, ha detto all’Ansa Matteo Loria, presidente della sezione lombarda dell'Associazione Nazionale Presidi.

Il ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, ha dichiarato che “aveva senso aprire subito la scuola. Non si può giustificare che tutto è aperto e l’unico spazio chiuso è la scuola, che è sicura. Sono rientrati la maggior parte degli studenti e dei professori. Stiamo monitorando attentamente la situazione e nel primo pomeriggio avremo i dati. Il dato evidente è che è ripresa la scuola”.

Sulle criticità nella riapertura della scuola, si parla da diversi giorni. All’impennata di contagi e alla bassa copertura vaccinale dei bambini tra 5 e 11 anni, si uniscono i problemi e i ritardi nel monitoraggio degli studenti positivi e nella messa in quarantena delle classi.

 

I contagi tra i giovani

Nelle ultime settimane, un quarto di tutti i nuovi casi in Italia ha riguardato giovani in età scolare. Secondo i dati dell’Istituto superiore della sanità (Iss), a fine dicembre l’incidenza di contagi nella fascia 10-19 anni era tra le più alte del Paese, come si vede nel grafico qui sotto.

Ma i rapporti sanitari mostrano una situazione critica anche tra i bambini di età inferiore a 12 anni. Il bollettino dell’Iss pubblicato il 4 gennaio, in particolare, segnala che “nella classe di età 6-11 anni si evidenzia, a partire dalla seconda settimana di ottobre, una maggiore crescita dell’incidenza rispetto al resto della popolazione in età scolare, con un’impennata nelle ultime settimane”.

La copertura vaccinale degli studenti

Il punto è che – se escludiamo le superiori – gli alunni immunizzati sono una minoranza. Tra le fasce in età scolare, quella meglio coperta è quella di età compresa tra 12 e 19 anni, con il 75 per cento di giovani immunizzati. Il problema è per chi frequenta materne, elementari e medie. Tra 5 e 11 anni è vaccinato con prima dose soltanto il 15 per cento dei bambini, meno del 2 per cento con seconda dose. 

In questo dato non c’è niente di strano, dato che la campagna vaccinale per i più piccoli è iniziata solo a metà dicembre. Tuttavia, a causa della contagiosità della variante Omicron, una percentuale così bassa di vaccinati nelle classi rischia di innalzare vertiginosamente la curva dei contagi.

 

I problemi tra scuola e strutture sanitarie

“Siamo le sentinelle della scuola, ma le Asl rispondono alle nostre segnalazioni dopo 48 o 72 ore. Non c’è una tempestività sufficiente a tutelare la comunità scolastica”, afferma il presidente dell’associazione dei vice-presidi Cicero. “Basti pensare che molte delle segnalazioni arrivano dai rappresentati dei genitori, tramite le chat o i social media, che sopperiscono alle carenze del sistema ufficiale”.

In un questionario somministrato in tutta Italia a oltre cento referenti Covid delle scuole, questi problemi emergono chiaramente. Come indicato nel grafico qui sotto, due terzi degli intervistai lamentano una pessima comunicazione con le strutture sanitarie.

Lo scambio di informazioni con le strutture sanitarie a volte è inesistente. Il ministero della Salute, a ottobre 2021, ha disposto che “in ogni ASL siano identificati dei referenti per ogni scuola, i quali possano intervenire tempestivamente supportando il referente scolastico Covid-19/dirigente scolastico e prioritizzando i test”.

I referenti sanitari, però, spesso non ci sono. “Siamo completamente abbandonati”, denuncia Cicero, che è anche vice preside dell’istituto Saladino di Palermo. “Qui in Sicilia molte scuole non hanno un referente, vanno a tentoni. Se io oggi volessi chiamare un referente del dipartimento sanitario non saprei chi cercare”