Referendum, dall'eutanasia alla cannabis boom di adesioni

La firma digitale ha facilitato l'accesso soprattutto dei più giovani e ora il Parlamento si trova spiazzato

Cannabis

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Quello sull'eutanasia ha già toccato quota 900mila firma mentre nel giro di soli tre giorni ammontano a 330mila quelle sulla depenalizzazione della cannabis. E' boom di adesioni ai referendum in Italia soprattutto grazie all'introduzione della firma digitale per sottoscrivere online referendum e leggi di iniziativa popolare che di fatto ha allargato la platea di aderenti, soprattutto tra i più giovani. Delle 900mila firme raccolte ben 300mila sono arrivate online, come ha reso noto l'associazione Luca Coscioni che da tempo si batte per abrogare l’art. 579 del codice penale, ovvero l'omicidio del consenziente. Anche il referendum sulla depenalizzazione della cannabis è partito con il "botto": le oltre 300mila firme - tra loro anche Matteo Orfini, parlamentare del Pd che su twitter scrive: "Ho appena firmato per il referendum sulla cannabis legale. Fatelo anche voi" - raccolte nei primi tre giorni lasciano intuire che anche in questo caso il quorum delle 500mila per andare a votare nella primavera 2022 sarà centrato.

Addio banchetti

Senza banchetti, moduli da far firmare sulla carta con l'aggiunta del numero di carta d'identità è tutto più facile insomma. Il merito è soprattutto di un emendamento alla recente legge di conversione del decreto semplificazioni che permette appunto di raccogliere le firme dei sottoscrittori online grazie alla firma digitale. L’emendamento era stato presentato dal deputato di +Europa Riccardo Magi ed è stato approvato in via definitiva assieme alla legge di conversione. È entrato in vigore da subito, e ha permesso alla richiesta di referendum sull’eutanasia di arrivare rapidamente al quorum necessario di 500mila firme (entro il 30 settembre prossimo) grazie alle 70mila firme online raccolte in pochi giorni.

Tutto online

La firma digitale è un tipo di firma elettronica qualificata frutto di un processo informatico che equipara un’adesione data online, quindi a distanza, a una firma scritta, garantendone l’autenticità. Uno degli strumenti utilizzati per realizzarla, grazie ad una recente modifica normativa, si chiama SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) e ormai da un paio d’anni è utilizzato da diversi siti e app della pubblica amministrazione, da quelli dei comuni fino a IO, la principale app per accedere ai servizi della pubblica amministrazione fra cui anche il Green Pass. La procedura in sé è molto rapida. I promotori chiedono una mail, e la regione, la città e il comune in cui si è iscritti ai registri elettorali. Poco dopo, chi intende firmare riceve una mail con un link dedicato: la pagina contiene una richiesta di identificarsi con lo SPID, che viene trasferita al proprio dispositivo mobile. Dopo essersi identificati – con un’apposita password – il sistema registra la firma digitale e provvede a inviare una mail di conferma. Il tutto nello spazio di un minuto.

Politica spiazzata

L'introduzione della firma digitale ha creato un'autostrata per i promotori dei referendum che hanno ottenuto numeri inattesi. "La firma digitale ha finalmente dato un senso anche politico ai social", ha detto il presidente dell’associazione Luca Coscioni, Marco Perduca, lasciando intuire le potenzialità del popolo social. "Sarà molto più facile raggiungere il quorum", ha ribadito  l’ex segretario dei Radicali Gianfranco Spadaccia. In realtà di fronte a questa offensiva c'è già chi punta ad innalzare la quota minima di  500mila firme per richiedere un referendum, ritenuta troppo bassa nell'epoca dei social network che spostano decine di migliaia di follower con un click. Lo stesso presidente della Corte di Cassazione  Giovanni Maria Flick ha ammonito: "Serve l’equilibrio tra popolo e Parlamento”. I numeri in effetti sembrano spaventare Debora Serracchiani, capogruppo Pd a Montecitorio: "Massimo rispetto per lo strumento di partecipazione democratica, ma c'è un'attività parlamentare che riguarda molti dei temi toccati dai referendum che sta andando avanti. Si tratta di argomenti complessi, che non possono risolversi con un quesito". Eppure il collega Peppe Provenzano sembra pensarla in altro modo: "Un conto sono i referendum strumentali come quelli sulla giustizia, o sbagliati come quello sul reddito di cittadinanza - dice il vicesegretario Pd   - altra è la straordinaria partecipazione giovanile alla raccolta di firme per eutanasia e cannabis, che dimostra come sui diritti e le libertà la società è più avanti di questo Parlamento".

Due mondi distanti

E' come se si fossero creati due mondi: da una parte la società veloce e in continua evoluzione grazie alla rapità dei social e il Parlamento lento, ostaggio delle ideoologie dei partiti, posizioni precostituite e regolamenti fatti di cavilli e tempi molto dilatati che condizionano la libertà. Non è un caso che alla Camera le discussioni su temi divisi come eutanasia, cannabis ma anche il decreto Zan giusto per fare un altro esempio recente siano ancora in alto mare, ben lontane dal superamento dei rispettivi steccati. Che ci sia una discrasia tra il mondo reale e il palazzo ormai è del tutto evidente. Servirà a breve trovare un equilibrio: mantenere il ruolo centrale del Parlamento ma dall'altro modernizzare il processo decisionale della politica adattandolo, senza snaturarlo, a una società che nel frattempo è cambiato (e cambia) alla velocità della luce. Quello che succede ad esempio con quanti pensano che sia giunto il momento di nuova legge sulla cittadinanza, visto che la vecchia è del 1992 e nel frattempo è cambiato il mondo e ci sono un milione tra bambini e ragazzi che la attendono.