Non lavorano e non studiano: un esercito di 114mila ragazzi in Lombardia

L’indagine sui giovani fra i 15 e i 24 anni svela l’emergenza Mantova al primo posto seguita da Brescia e Pavia per numero di “inattivi”

Ragazzo al lavoro, l’emergenza legata al coronavirus ha accentuato il disagio

Ragazzo al lavoro, l’emergenza legata al coronavirus ha accentuato il disagio

Brescia -  Sono passati circa 21 anni da quando la parola Neet, Neither in employment or in education or training, venne usata per la prima volta in un report sull’esclusione sociale nel Regno Unito, per definire i giovani tra i 16 ed 24 anni che non studiano né lavorano. Un termine diventato presto familiare anche in Italia, soprattutto dopo la crisi economica del 2008-2009 e che ora, con Covid, torna a preoccupare. L’emergenza legata al coronavirus ha, infatti, accentuato le differenze già esistenti tra le opportunità offerte dai vari territori, creando una forte divergenza tra chi ha comunque modo di accedere ad attività educative, lavorative, di formazione in generale, grazie ad una buona condizione socio-economica, e chi non può farlo. Secondo la Commissione europea, nel secondo trimestre del 2020 i Neet in tutta l’Unione europea sarebbero aumentati dell’11,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: a guidare la classifica c’è l’Italia, con il 20,7% di giovani tra 15 e 24 anni che né studiano né lavorano.

In questo contesto, la Lombardia è sotto la media nazionale, con un 12,6% di Neet (al primo posto, la Provincia autonoma di Bolzano con l’8,7%). Una percentuale che, tuttavia, applicata al totale dei 953mila giovani lombardi tra 15 e 24 anni si traduce in 114.000 ragazzi non impegnati né nello studio né nel lavoro. Secondo l’elaborazione openpolis Con i Bambini, tra le province il dato peggiore lo si registra nel Mantovano, che conta il 10,5% di Neet, seguita da Pavia (10%) e Cremona (9,1%). La “classifica“ cambia se si guarda ai singoli capoluoghi: Mantova resta al primo posto con il 9,1%, seguita da Brescia che, con l’8,5% di Neet, è ex-aequo con Pavia. Al terzo posto Lodi, con l’8,2%. In generale, sono i comuni più piccoli, a registrare le percentuali maggiori. Con il 28,6% di Neet, è Villa Biscossi, nel Pavese, il comune lombardo con la percentuale maggiore. Seguono Spriana (Sondrio) con il 25% e Veddasca (Varese) con il 23%. Si tratta di comuni piccoli, che non arrivano ai 100 abitanti, mentre pesa di più, in numeri di valore assoluto, il 19% di Neet di Castelcovati, comune bresciano che conta 6.600 persone. In questi anni, va detto che non sono mancati interventi di enti pubblici e del terzo settore per rispondere al fenomeno Neet, anche se ora bisognerà studiare gli effetti della pandemia per cercare di adeguare le soluzioni alle trasformazioni che questa ha provocato. È stata forte, ad esempio, l’adesione a Fermenti in Comune, progetto promosso dal dipartimento delle Politiche giovanili della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con l’obiettivo di intercettare i Neet e promuovere percorsi di animazione territoriale: a Brescia, il progetto rientra nelle iniziative rivolte ai più giovani.