Omicidio a Raffadali: 24enne ucciso in piazza, fermato il padre. "Chiedeva sempre soldi"

Il ragazzo è stato freddato a colpi di pistola. Il genitore, agente di polizia a Catania, stava per fuggire

I carabinieri vicino al corpo di Vincenzo Gabriele Rampello a Raffadali (Ansa)

I carabinieri vicino al corpo di Vincenzo Gabriele Rampello a Raffadali (Ansa)

Raffadali (Agrigento) - Orrore in piazza a Raffadali, paese della provincia di Agrigento. Un ragazzo di 24 anni, Vincenzo Gabriele Rampello, è stato ucciso a colpi di pistola - sembra nove - sparati in piazza Progresso, a pochi metri dalla sede del Municipio. Sul posto i carabinieri di Agrigento, che hanno fermato il padre del giovane, Gaetano Rampello, quale presunto assassino del figlio. L'uomo, un poliziotto in servizio al Reparto mobile della questura di Catania, è stato bloccato dai militari mentre stava per fuggire su un pullman di linea diretto nella città etnea. Il padre è in stato di fermo. 

Pare che la giovane vittima soffrisse di disturbi di natura psicologica e l'omicidio sia stato commesso al culmine dell'ennesima lite. Il poliziotto, dopo avere ucciso il figlio con la pistola di ordinanza, è scappato ed è stato bloccato dai carabinieri seduto su una panchina dove, sembrerebbe, era sul punto di salire su un pullman. L'omicidio è avvenuto sotto l'impianto videosorveglianza installato in piazza Progresso dal Comune.

Il movente

L'uomo ha chiarito i contorni di una tragedia che ha lasciato tutti sgomenti. Quel figlio problematico voleva soldi, in continuazione, per comprare prodotti d'ultima generazione di elettronica. Il padre gli dava circa 600 euro al mese, ma quel denaro non bastava mai. E così, quando si incontravano, iniziavano le minacce, gli spintoni e le botte da parte del figlio. L'ultima richiesta era di 30 euro, ma quando stamani si sono visti il figlio ne pretendeva 50 e di fronte al rifiuto del genitore ha cominciato a inveire e gli ha sfilato il portafogli. "Bastardo, mi devi dare altri 15 euro...". Gaetano Rampello a quel punto ha estratto la pistola d'ordinanza ha scaricato l'intero caricatore addosso al figlio ventiquattrenne.

Sul posto si sono precipitati i carabinieri di Raffadali e tutte le pattuglie dell'Arma del comando provinciale. I carabinieri - coordinati dal maggiore Marco La Rovere e dal capitano del Nor Alberto Giordano - sono riusciti a rintracciare subito l'assassino, peraltro reo-confesso. Sul luogo del delitto anche il comandante provinciale dell'Arma: il colonnello Vittorio Stingo e il sostituto procuratore Chiara Bisso, nonché il medico legale Alberto Alongi. Rampello, assistito dal suo difensore, l'avvocato Daniela Posante, è stato sottoposto all'esame dello Stub e poi ha reso una piena confessione ai carabinieri. Il poliziotto ha svelato il movente del delitto: il giovane aveva un disagio psicologico e, per tre anni, secondo il racconto fatto dal padre, era stato ricoverato in una struttura.

Una vita turbolenta

"Conoscevamo tutti Vincenzo Gabriele Rampello, aveva una vita sociale un po' turbolenta, ma veniva accettata da tutti il paese. Il ragazzo aveva avuto un'infanzia difficile per via della separazione dei genitori. Il papà, per lavoro, viveva a Catania. La mamma, invece, a Sciacca - racconta il sindaco di Raffadali, Silvio Cuffaro -. Vincenzo Gabriele, dopo la separazione dei suoi genitori, era rimasto a vivere da solo a Raffadali, ma c'era uno zio che si prendeva cura di lui. Era introverso e molto diffidente. Non lavorava e veniva mantenuto dal papà che mensilmente tornava per stare un pò con lui e per dargli il necessario sostentamento economico".