Maria Colleoni, i giudici: "Sì alla consegna della moglie di Panzeri al Belgio"

Qatargate, Maria Dolores Colleoni (ai domiciliari con la figlia Silvia) è accusata di essere "pienamente consapevole delle attività del marito" ex europarlamentare Antonio Panzeri. La difesa: mai fatto vacanze da 100 mila euro, ipotesi ricorso in Cassazione

Milano, 19 dicembre 2022 - E' arrivata la decisione della corte d'Appello di Brescia, dopo cinque ore di camera di consiglio: i giudici hanno accolto la richiesta di consegna al Belgio per Maria Dolores Colleoni, moglie dell'ex eurodeputato del gruppo S&D Pier Antonio Panzeri arrestato a Bruxelles con le accuse di corruzione e riciclaggio nell'inchiesta ribattezzata Qatargate. La difesa della donna ora avrà cinque giorni per giocarsi la carta della Cassazione ed evitare che il provvedimento diventi esecutivo, ossia sfoci in una traduzione in carcere.

Casalinga in pensione, la 67enne è ai domiciliari dallo scorso 9 dicembre, da quando cioè era stata arrestata nella casa di Calusco d’Adda, nella Bergamasca, con la figlia Silvia Panzeri  in esecuzione di un mandato di arresto europeo. I magistrati d’Oltralpe muovono alle due donne le medesime accuse che hanno fatto finire in cella a Bruxelles Panzeri. Ovvero, associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al riciclaggio. Per l’accusa Colleoni e Panzeri junior sarebbero ‘pienamente consapevoli’ dei presunti magheggi e scambi di doni al centro dell’inchiesta, e le autorità del Belgio, nella persona del magistrato istruttore Michel Claise, ne reclamano la consegna. La decisione era di competenza dei giudici bresciani, i quali oggi saranno chiamati a pronunciarsi anche su Silvia Panzeri.

Le dichiarazioni spontanee

Assistita dagli avvocati Angelo De Riso, del Foro di Milano, e Nicola Colli, del Foro di Bergamo, Colleoni ha affidato a dichiarazioni spontanee la propria presa di distanza dalle accuse, entrando nel merito delle intercettazioni in cui si farebbe riferimento agli ‘intrallazzi’. Stando alla prospettazione accusatoria Colleoni e la figlia almeno in un’occasione avrebbero partecipato al trasporto di ‘regali’ e ‘doni’ consegnati da Abderrahim Atmoun, l’ambasciatore del Marocco in Polonia per conto del Paese nordafricano. Colleoni per gli investigatori avrebbe preso parte attiva esercitando un certo ‘controllo’ sulle azioni del marito, dipinto quale presunto ‘collettore’ delle tangenti versate da Qatar e Marocco per corrompere ‘un gruppo indeterminato e molto ampio di persone operante all’interno delle strutture europee, con o senza legami con l’Unione europea. Di più: per la magistratura belga l’ex eurodeputato sarebbe ‘l’anima dell’organizzazione fraudolenta’. E la moglie ne avrebbe ricavato qualche beneficio, tanto che, intercettata durante l’inchiesta, riferendosi alle vacanze di Natale si sarebbe lasciata sfuggire di ‘non potersi più permettere di spendere centomila euro come lo scorso anno’. Nell’appartamento della famiglia Panzeri inquirenti e investigatori hanno sequestrato 17mila euro in contanti e orologi di valore. 

La richiesta del pg di consegnare Colleoni al Belgio

Il sostituto procuratore generale di Brescia, Giovanni Benelli, aveva chiesto alla Corte d'appello di consegnare al Belgio Maria Dolores Colleoni, moglie dell'ex europarlamentare Antonio Panzeri, in carcere a Bruxelles con le accuse di corruzione e riciclaggio nell'inchiesta ribattezzata Qatargate, dando così seguito al mandato d'arresto europeo del giudice Michel Claise. La richiesta della procura era arrivata nonostante l'avvocato della donna, Angelo De Riso, difensore insieme al collega Nicola Colli, si fosse opposto. Maria Dolores Colleoni si trova al momento agli arresti domiciliari così come sua figlia mentre il marito, Antonio Panzeri, è in carcere a Bruxelles dallo scorso 9 dicembre.

I legali si erano opposti

La consegna al Belgio di Colleoni rappresenterebbe "una violazione dei diritti dell'uomo", avevano sostenuto in aula i difensori della donna l'avvocato Angelo De Riso e il collega Nicola Colli. "Abbiamo sostenuto che non ci sono ragioni di consegnare la nostra assistita al Belgio" in quanto ciò presuppone che finisca in carcere. "Una misura più afflittiva - avevano proseguito i legali - non solo sarebbe incoerente con la misura dei domiciliari disposti lo scorso 9 dicembre dal giudice d'appello, ma, poiché, tale misura non è stata violata significherebbe violare quanto prevede la Corte europea dei diritti dell'uomo". "Per noi l'aggravamento della misura (dai domiciliari in Italia al carcere in Belgio, ndr) sarebbe ingiustificato in relazione ai rapporti tra i due Stati europei. Se il sequestro operato a Bergamo di 17mila euro dovesse essere un indizio di un reato a carico è stato commesso in Italia e il codice penale dice che quando parte dell'azione viene commessa nel territorio dello Stato la giurisdizione è del giudice italiano". Il difensore De Riso aveva sottolineato come nella memoria scritta "piuttosto nutrita" consegnata alla corte si sostiene "che c'è una contraddizione tra il tenere in Italia una persona ai domiciliari e poi nel caso di trasferimento questa persona andrebbe in carcere (in Belgio, ndr) con un aggravamento della misura, senza aver trasgredito il provvedimento deciso qui". Una volta consegnata alle autorità belghe, la donna finirebbe in carcere come suo marito, accusato di corruzione e riciclaggio.