Prigionieri della magia

Andrea

Maietti

Se scrivi, ti rifai inevitabilmente a ciò che conosci. Io non conosco niente di meglio della mia Bassa e del paese chiamato Cavenago d’Adda e ribattezzato Costaverde. Grandi città che ho conosciuto (Milano, Roma, Parigi, Londra) non potrebbero darmi di più, come a Emily Dickinson bastava Amherst, la cittadina del Massachussets dove nacque e restò tutta la vita, perché bastava alla sua fantasia. Fratel Claude da Cavenago-Costaverde non potrebbe andarsene mai. È più facile fuggire da Alcatraz, che da questo paesino magato, chiuso tra un fiume e due campanili. Il fratello ha un figlio, emigrato negli States, dove ha messo radici e fatto due figli. Per Natale il fratello si è deciso ad andarlo a trovare. Ha dovuto essere portato via dalla grande poiana (l’aereo) che punterebbe volentieri col suo automatico quando volteggia bassa. Niente lo ha particolarmente attratto della grande America. Né Las Vegas, né San Francisco, solo un remoto villaggio con reliquie di vita pellerossa: qualcosa che gli ricordava i cacciatori antichi del suo paese. I due nipotini parlano inglese e appena un po’ d’Italiano. Il fratello si è fatto capire in dialetto. Prima di tornare ha chiesto loro se fossero contenti di vivere lì. "Perché – ha concluso – se vegnì a Cavenagh una volta, dopu vurì pü turnà indré!".